E poi magari capita che inizi a vedere un film senza nemmeno troppa convinzione, e passati i primi 10 minuti ti ritrovi incollato allo schermo sperando che vada avanti ancora parecchio, senza mai calare di qualità, perchè quello che stai guardando, e che troppo prematuramente avevi sottovalutato nella trama e nel cast, si sta rivelando un film davvero degno di occupare il (poco) tempo che hai a disposizione.
Potrebbe essere questa la sintesi di questo “50 e 50”, un film che tratta un argomento “difficile” con la semplicità, la razionalità e l’immediatezza dei numeri, quel “50” che rappresenta la cruda percentuale di possibilità di salvarsi da un male tanto grave come il cancro, e con la delicatezza di un guanto setato che ti accarezza il viso, lasciandoti una piacevole sensazione di morbidezza e calore. Il tutto condito da una gradevole dose di ironia messa lì a sdrammatizzare ed ammorbidire, senza togliere credibilità, il tutto.
Adam (un finalmente scintillante Joseph Gordon-Levitt) è un ragazzo poco più che venticinquenne che lavora in radio con il suo migliore amico, va a correre regolarmente e si mantiene in forma, non beve, non fuma, fa la differenziata (ed è strabiliante la naturalezza del tono con la quale lo confida al dottore per giustificare il fatto che non sia possibile che una disgrazia come il cancro capiti proprio a lui), si ferma ai semafori e non tradisce la compagna. Sembra sia tutto a posto nella sua pur non divertentissima vita, ma come un fulmine a ciel sereno gli viene disgnosticato un tumore maligno alla colonna vertebrale. E da lì tutto cambia, in famiglia, in amore, in amicizia.
Ecco, oltre alla malattia, sono questi i 3 argomenti portanti del film, sviscerati tutti con estrema puntualità e ironia, ma non senza serietà e realismo.
Il rapporto di Adam con la madre (Anjelica Huston), già alle prese con un marito malato; o ancora quello con la sua ragazza (Bryce Dallas Howard) dalla quale verrà tradito e dalla quale verrà ricontattato in cerca di perdono; ma soprattutto il rapporto, all’apparenza strano e superficiale, col suo migliore amico Kyle (un ottimo Seth Rogen), che sembrerebbe il classico opportunista disposto a sfruttare la malattia di Adam solo per rimorchiare ragazze, e che si dimostrerà inceve, a più riprese, affidabile e fedele, capace di stargli accanto nella malattia e di smascherare i tradimenti della compagna. Particolarmente significativa la scena in cui Adam scopre un libro sul cancro in bagno di Kyle, che evidentemente aveva così a cuore la vita dell’amico da informarsi privatamente sulla malattia. Un film sull’amicizia, quella vera e dissimulata, reso leggero e non patetico da un brillante ed oltremodo ironico Rogen, che riesce a tenere, con un’ottima interpretazione, la pellicola sempre sul binario giusto, anche quando ci sarebbe il pericolo di perdersi.
Un film assolutamente privo di retorica, dove i buoni sentimenti ci sono, ma sono trattati con estrema naturalezza, senza perdersi in inutili scene forzatamente strappalacrime.
E poi l’immancabile lieto fine, portato in dote da una brava Anna Kendrick nei panni di Katie, la terapista di Adam, giovane e bella, appena lasciata dal suo ragazzo, che entrerà pian piano nel cuore e nei pensieri di Adam, fino all’epilogo non scritto, ma facilmente immaginabile e facilmente piacevole.