50 e 50: la recensione di Giorgio Viaro
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50 e 50: la recensione di Giorgio Viaro

50 e 50: la recensione di Giorgio Viaro

Fa il paio con molte cose 50/50,  la dramedy (genere tra il dramma e la commedia) con Joseph Gordon Levitt e Seth Rogen che si toglie lo sfizio di scherzare sul tema del cancro. E che lo fa andandoci giù pesante, con un livello di scorrettezza che oggi soltanto un genio “selvaggio” come Rogen può permettersi (incredibile la gag sulla morte di Patrick Swayze).

Fa il paio con Paradiso amaro, per il modo in cui stempera argomenti tabù (lì l’eutanasia, qui i tumori) vestendoli di una comicità anarchica e liberatoria. Fa il paio con 500 giorni insieme, perché Joseph Gordon Levitt è ancora bravissimo a interpretare personaggi a un bivio esistenziale usando l’arma della malinconia, e lasciando emergere con naturalezza isolati momenti di disperazione. E fa il paio con tanta televisione di qualità, a partire da The Big C – il serial con Laura Linney dove C sta per cancro – e Breaking Bad, perché la costruzione drammaturgica dei rapporti familiari e d’amicizia del protagonista, viene direttamente da quel tipo di serial, dal modo in cui ha modificato le attese e la preparazione degli spettatori negli ultimi dieci anni.

La storia è quella di Adam, 28enne impiegato con una fidanzata aspirante pittrice (Bryce Dallas Howard), un collega/compare esuberante e infantile Kyle (interpretato da Rogen), un padre malato di Alzheimer e una madre apprensiva (Angelica Houston). La sua routine viene completamente distrutta quando gli viene diagnosticato un cancro spinale, uno di quelli che – a quanto scova in rete – garantiscono una percentuale di sopravvivenza del 50% (da cui il titolo). Chemioterapia, sedute di sostegno da una giovanissima psicologa Katie (Anna Kendrick) che tende a farsi coinvolgere un pò troppo, l’amicizia ospedaliera con altri degenti, tutti più vecchi di lui: una vita che pian piano si sfilaccia. Unici punti fermi, l’amicizia maschile e la famiglia.

Prodotto da Rogen stesso e scritto da Will Reiser, che la storia del film l’hanno vissuta insieme nella realtà (Reiser è guarito dal cancro, e Rogen gli è stato vicino nei mesi della malattia), il film fila liscia come l’olio, tra irresistibili paradossi (Kyle usa sistematicamente la malattia di Adam per rimorchiare e farlo rimorchiare, per lo meno quando sta in piedi…) e fuggevoli momenti di commozione. Non pretende di reinventare la commedia indie, ma solo di applicarne il linguaggio a un tema non proprio facile da maneggiare, specie con toni così anarchici. Perché, come ci ha detto Rogen faccia a faccia, «c’è una scuola di pensiero secondo la quale se un tema non è scomodo, non c’è gloria nello scherzarci su».

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
L’umorismo anarchico e vitale di Rogen a confronto con un tema difficile come quello della malattia

Non mi piace
La struttura del film è da commedia indie piuttosto tradizionale

Consigliato a chi
Ama le storie di amicizia maschile e i giovani talenti del cinema americano

Voto: 4/5

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