Arriva dal mondo dei documentari Stefano Mordini e questo background lo accompagna anche in Acciaio, il suo lungometraggio d’esordio nella fiction, basato sull’omonimo romanzo del 2010, “Premio Campiello Opera Prima”, di Silvia Avallone.
Il regista, infatti, ci guida con sguardo da repoter in una desolata Piombino, affacciata sull’isola d’Elba, verso un mare di felicità, sogni e speranze vicinissimi, ma crudelmente intangibili. I membri della piccola comunità, protagonista di libro e film, sembrano infatti imprigionati da una forza oscura, che li inchioda in uno spazio senza apparenti vie di fuga, tra le loro case, la scuola, capannoni dismessi e calette aride, dure e spigolose come la pietra che le ricopre, affacciate sull’acciaieria, allo stesso tempo trappola e faro cittadino. Anche chi può permettersi il lusso della fuga, torna indietro, come Elena (Vittoria Puccini), l’amore della vita di un operaio della fabbrica Alessio (Michele Riondino). L’unico forse che in quel cupo contesto ha trovato una dimensione e una prospettiva molto pragmatiche: risparmiare per costruirsi un avvenire con Elena e occuparsi anima e corpo della madre e della sorellina, abbandonate come lui da un padre assente e incapace di assumersi concrete responsabilità verso la sua famiglia.
Proprio la sorella di Alessio, Anna (Matilde Giannini) – insieme all’amica Francesca (Anna Bellezza) -, però, è la vera protagonista dell’opera. Attorno a lei l’autore tesse e intreccia le storie degli altri personaggi. La incontriamo poco prima dei suoi 14 anni, nella calda estate che precede l’inizio di una nuova avventura scolastica, quella del liceo classico. Che le permetterà di accedere all’università e abbandonare un mondo che le sta troppo stretto. L’ansia di crescere per poter levare l’ancora la spinge verso esperienze via via più estreme e adulte. Incontri e scelte che la faranno effettivamente maturare precocemente, parallelamente a tragici eventi, ma che in qualche modo la condurranno verso uno spiraglio di luce sempre più grande.
Sullo sfondo, nel percorso narrativo del film, cresce inoltre il richiamo all’attuale crisi economica, insieme a un sottotesto di denuncia sociale contro le cosiddette “morti bianche”, ovvero quelle causate da incidenti sul lavoro, spesso finite sotto i riflettori della cronaca e per le quali l’Italia si è tragicamente distinta in Europa negli ultimi anni.
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Lo guardo da repoter del regista che ci conduce per mano in una desolata Piombino, affacciata sull’isola d’Elba, verso un mare di felicità, sogni e speranze vicinissimi, ma crudelmente intangibili
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Il sottotesto di denuncia sociale contro le cosiddette “morti bianche” avrebbe potuto essere sviluppato meglio
Consigliato a chi
E’ preparato a un incontro delicatamente schietto con un difficile mondo adolescenziale
Voto
3/5