La traduzion’italiana del titol’originale è così maldestra d’aver accentrato l’attenzione di pubblico e critica s’un attributo che la protagonista non possiede: l’eternità/immortalità (però son caduti nello stesso strafalcione anche gl’anglofoni; RT: “The Age of Adaline ruminates on mortality”). Il personaggio interpretato dalla Lively non invecchia come per l’uso d’una perfetta crema antiage, ma potrebbe schiattare in qualunqu’istante a causa d’un malanno (cf. l’ipotermia) o d’un trauma (cf. l’incidente stradale) alla pari d’ognuno di noi. Quindi la gara ai riferimenti s’un argomento che nel film non vien’affrontato manco di striscio è già ridicol’a sufficienza: Faust, Dorian Gray, “Highlander”, “Wolverine”, Fincher (?), Alfredson e il vampiresco. Oltretutto l’ipotetico nesso fr’amor’e tempo avrebbe richiesto una trattazione di ben altro spessore (“The Illusionist”, il Verne de “Il giro del mondo in 80 giorni” con la vittoria di Fogg per il tempo trascors’in India a salvar’Auda, ecc.), da cu’il regista si tiene ben lontano mirand’a un fantasy d’intrattenimento ipertradizionalista, un lacrimatoio sentimentale “female-oriented” (voto su IMDb: donne +0,4, cf. http://www.imdb.com/title/tt1655441/ratings) dov’il presunto dramma romantico sarebbe quello di non potersi maritare, metter su famigli’e figliar’assieme “finché morte non ci separi” nella più accondiscent’accettazione della nostra finitudine. Il cognome d’Adaline è Bowman: cas’o presunzione? Probabilità reali che lei s’innamori d’un uom’e, oltre 40 anni dopo, di suo figlio: nulle. Brav’attori, bella ricostruzione d’oltr’un secolo d’epoche storiche, belli gl’annessi costumi e bla bla bla. Voto medio su RT: 5,5/10. Largo.
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