Con un progetto ideato e voluto da Will Smith, l’attore ritorna al film di fantascienza e di nuovo in compagnia del figlio. La pellicola, vedendo coinvolti anche altri componenti della sua famiglia, come la moglie in veste di produttrice, parla dunque di sentimenti e veri legami familiari non soltanto sul set ma anche nella storia che racconta. Anche Shyamalan, qui in veste di regista e stavolta su commissione, ritorna di nuovo a trattare un plot che ha come fulcro lotte per la sopravvivenza e percorsi interiori.
La trama: Cypher Raige e il suo giovane figlio Kitai intraprendono insieme una semplice missione di supervisione, ma la loro nave è costretta ad un atterraggio di fortuna sulla Terra (abbandonata mille anni prima) ormai tornata allo stato selvaggio con una fauna evoluta e pericolosa. Entrambi sono gli unici superstiti dell’incidente. L’uomo, però, è rimasto gravemente ferito e il figlio deve attraversare un vasto e ostile territorio per raggiungere una sezione della nave distrutta e chiamare aiuto. La Terra è abitata soltanto dai terribili mostri Ursa (creati dalla razza aliena Skrel per sterminare gli umani). Kitai e Cypher dovranno necessariamente imparare a collaborare, se vorranno far ritorno a casa.
“After Earth” ha in sé delle potenzialità, però convince poco e coinvolge ancor meno. L’opera è un’allegoria sul superamento della paura. La lotta per la sopravvivenza dei suoi due protagonisti sarà l’esperienza formativa per crescere e maturare, l’utile banco di prova per sperimentare se stessi e superare limiti e paure, la preziosa opportunità per ritrovare riconciliazione e fiducia verso se stessi e chi ci ama.
Purtroppo il tutto viene sviluppato in maniera piatta e prevedibile. Il film si trascina tra ritmi blandi, effetti digitali elementari, uno sviluppo dei personaggi scontato e insoddisfacente, dialoghi artefatti, uno script schematico e superficiale, scene d’azione con poca inventiva. Il messaggio ecologista di fondo (l’uomo emigrato dalla Terra perché rovinata da lui e invivibile) è solo accennato e non certo originale. Il tema secondo cui «“Il pericolo è reale, la paura è una scelta”» è discutibile e trattato in modo semplicistico. Jaden Smith è approssimativo nella recitazione. Will Smith troppo misurato e controllato.
“After Earth” d’altro canto ha anche qualche pregio, qualcosa che si può certamente apprezzare. Come ad esempio la visione di certi paesaggi suggestivi e di stupendi campi lunghi (il film è girato in HD 4K, con la stessa camera usata per “Oblivion”). Le scenografie hanno un attraente sapore soft, le architetture sottendono un’umanità che utilizza eco-costruzioni in armonia con un’ambiente da rispettare e da non distruggere più. Anche l’astronave è affascinante, creata com’è con materiali di recupero. Ancora in linea con questo stile volutamente semplice e retrò, è la scelta delle armi (sciabole a lame retrattili) e le tute che cambiano colore in base alla situazione e all’ambiente. Gli scenari naturali poi, al contempo affascinanti e inquietanti, evocano il terrore per i pericoli che possono nascondersi nell’oscurità, ma anche la meraviglia per la maestosità dei luoghi. La buona regia, insieme all’efficace fotografia, ben immerse nelle pieghe della narrazione ridondante e nell’ostile Terra futuristica, riescono infine a creare una tensione (anche se non con la stessa intensità ottenuta ne “Il sesto senso”) continuamente suggestionata dal pericolo naturale, e fermandosi spesso sul primo piano dei due attori, rendono loro fragili prede delle continue minacce fuori campo. Insomma, il film è tutto racchiuso in questo taglio minimalista (voluto ma privato però della convinzione nel dargli il giusto rilievo) e in una certa realizzazione discontinua.
Un’opera diseguale e imperfetta, che purtroppo vede accentuare più i suoi difetti che i suoi pregi, malgrado le buone intenzioni e l’impegno dei suoi realizzatori. Quindi, se si è spettatori che non pretendono molto dalla visione di un film, ci si può ben accontentare di questo (in sé quasi ludico) spettacolo d’intrattenimento; altrimenti se si è spettatori esigenti che vogliono emozionarsi e riflettere veramente davanti ad un’ottima pellicola di fantascienza, è meglio lasciar perdere…