After Earth: la recensione di Giorgio Viaro
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After Earth: la recensione di Giorgio Viaro

After Earth: la recensione di Giorgio Viaro

C’è stato un tempo in cui i film di Shyamalan uscivano con scadenza quasi annuale: erano tutti thriller soprannaturali baciati da twist finali che profumavano di genio. I problemi sono iniziati quando il regista di origini indiane ha deciso di dedicarsi al fantasy puro: Lady in the Water e L’ultimo dominatore dell’aria hanno lasciato perplessi anche i suoi fan più accaniti, e lo stesso – più tradizionale – E venne il giorno non è all’altezza dei suoi titoli più amati. A tre anni dall’ultimo film, Shyamalan torna quindi al cinema con una storia non sua, ed è la prima volta: After Earth è in pratica un lavoro su commissione, anche se la commissione comprende in questo caso anche la sceneggiatura. Il soggetto e il progetto sono di Will Smith, e non è difficile capire il perché: fin dai tempi de La ricerca della felicità, l’attore afroamericano ha usato il suo potere produttivo per introdurre al mestiere – dalla porta principale – il figlio Jaden, e questo fanta-action bucolico e familista, con una prima parte di puro sci-fi e uno svolgimento che ricorda invece Avatar e Il libro della Giungla, è pensato apposta per consacrare il ragazzino, mettendo in scena un passaggio di consegne metaforico e pure figurato.

Si racconta di un futuro lontano dalla Terra, in cui l’umanità è emigrata su un altro pianeta – Nova Prime – per sopravvivere. Perché? Non è ben chiaro. La spiegazione che dà il protagonista a un certo punto è che «Ogni forma di vita sulla Terra si è evoluta per uccidere l’uomo». Sul nuovo pianeta, tuttavia, gli umani sono minacciati da una razza aliena che li combatte liberando dei giganteschi predatori, gli Ursa, in grado di cacciare annusando la paura. L’unica difesa contro questi quadrupedi zannuti è un corpo di soldati incapaci di provare paura, e dunque “invisibili” alle bestie, che maneggia delle lunghe lancie retrattili (niente fucili, pistole o frecce: perché? Mah). A questi appartiene anche il generale Cypher Raige (Will Smith), di cui il figlio Kitai (Jaden Smith) tenta con poca fortuna di ripercorrere le tracce. Durante un viaggio spaziale, un’avaria costringe la navicella su cui si trovano i due ad un atterraggio di emergenza, proprio sulla Terra. Sopravvissuti per miracolo, dovranno recuperare un segnalatore lontano un centinaio di chilometri per comunicare la propria posizione ai soccorsi. Ma sul pianeta è atterrato con loro, vivo e vegeto, anche un Ursa.

Quanto raccontato è in pratica il prologo. Cypher si ritrova con le gambe spezzate, e guida il figlio tra la flora e la fauna terrestre grazie a un complicato sistema di microfoni e microcamere. La lunga corsa verso la salvezza del ragazzo è la versione sci-fi del più classico dei coming of age, con il padre che progressivamente perde il contatto, e Kitai che deve elaborare e razionalizzare le proprie paure per sopravvivere.
Shyamalan, di suo, ci mette il grande talento registico, la capacità di tenere la narrazione sospesa, come in un limbo: usa pochissimo (e bene) la musica, e mischia presente, flashback e sogno con una naturalezza molto suggestiva. Quel che quadra meno è il concept di partenza, non proprio una bomba: si tratta in definitiva di un teenager che scappa nella foresta, minacciato da aquile, serpenti e babbuini, o da misteriose e del tutto ingiustificate gelate notturne. Un racconto di formazione da un certo punto di vista molto tradizionale e da un altro un po’ bislacco, ma privo dei soliti siparietti da commedia che ormai tracimano in tutti i blockbuster (ed è un gran merito: per lo meno il sapore è diverso): dura poco, intrattiene a dovere, e in definitiva si fa voler bene.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
La regia di Shyamalan, le parti di pura sci-fi

Non mi piace
Il concept del film lascia perplessi, e il progetto “nepotista” di Will Smith è un pochino ridicolo

Consigliato a chi
Cerca un fanta-action che si prende sul serio, senza i soliti siparietti da commedia

Voto: 3/5

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