Alabama Monroe - Una storia d'amore: la recensione di Marita Toniolo
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Alabama Monroe – Una storia d’amore: la recensione di Marita Toniolo

Alabama Monroe – Una storia d’amore: la recensione di Marita Toniolo

Non fatevi ingannare dal titolo, dalla locandina o dall’etichetta “indie”. Non si tratta di un film d’amore dal finale rassicurante, magari di quelli che vi mandano a casa con un sorriso sbilenco. L’amore c’è ed è potente, ma le sue traversie vi si ficcheranno nella carne come unghie spesse e affilate e non vi molleranno un secondo.

Belgio, ai giorni nostri. Elise (Veerle Baetens) è una tatuatrice che ha scritto la storia della sua vita e dei suo amori sulla propria pelle, sostituendo via via i nomi degli uomini con nuovi tatuaggi. Un giorno entra nel suo negozio Didier (Johan Heldenbergh), cantante e suonatore di banjo di una band che fa bluegrass (una declinazione old-music del country). Lui ha il mito dell’America rurale e vive in una roulotte nella campagna delle Fiandre. Tra loro è colpo di fulmine, da parte di lui – accecante – per lei; e da parte di lei – totale – per lui e la sua musica, tanto da diventare vocalist del gruppo. Elise e Didier sono i primi a non crederci, precari e anticonformisti nei sentimenti come sono sempre stati: una volta rimasta incinta la ragazza, decidono di costruire casa insieme e mettono al mondo la dolce principessina country Maybelle. Si sa che gli dèi sono invidiosi quando gli uomini sono troppo felici e così il destino dà filo da torcere alla coppia, facendo ammalare la piccola di un male crudele, che li immergerà in un dolore cocentissimo e ingiusto, da cui non si tireranno mai indietro.

Alabama Monroe è una struggente sinfonia bluegrass, che racconta il percorso di due esseri umani che vivono al massimo le loro passioni: l’amore, la famiglia, la musica, l’amicizia, senza mai tirarsi indietro di fronte agli ostacoli e alle durissime prove che la vità dispensa loro. Il 37enne regista fiammingo Felix Van Groeningen sceglie di immergere i due “eroi” nel melodramma più puro, non solo nel dipingere la relazione amorosa che li avvinghia, ma anche nel far precipitare gli eventi, spingendo la storia molto sopra le righe. L’originalità del racconto sta nella destrutturazione cronologica degli eventi, che ci conduce avanti e indietro lungo la liaison tra i due spericolati amanti per cui è impossibile non parteggiare. La continua alternanza tra i dolori feroci dell’oggi e i momenti felici del vicino passato funziona come uno spartito musicale, che regala pause e momenti di respiro a un racconto a tratti troppo coinvolgente, che bestemmia su tutti i canoni dell’happy ending delle rom-com. Come a un certo punto farà Didier di fronte a una platea attonita, gridando ad alta voce che Dio non solo è morto, ma non è mai esistito e che in suo nome si bloccano i più grandi progressi scientifici.

I due attori protagonisti (Veerle Baetens ha vinto ha vinto l’EFA come Miglior attrice per la sua interpretazione) sono straordinari nel calarsi nelle viscere dei loro personaggi. Selvatico, rabbioso, testardo, razionalista Didier, fatina grintosa, irrazionale e tatuata Elise, fanno scorrere sui loro volti tutte le sfumature dell’emotività, trasformandosi in due “eroi country” di epica e tormentata bellezza. Premiato negli States e in Europa, è stato il concorrente principale de La grande bellezza agli Oscar, conciliando le radici neorealiste europee con lo stile del cinema indie a stelle e strisce.
Alabama Monroe
non è solo “la canzone” bluegrass più bella che abbiate mai sentito, ma anche la più straziante.

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Mi piace: il naturalismo recitativo e registico, la splendida colonna sonora.

Non mi piace: l’accanimento verso la deriva tragica, l’accademismo di certi dialoghi.

Consigliato a chi: rifugge come la peste l’happy end nelle storie d’amore.

VOTO: 3/5

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