Maschere. Questo in pratica è il succo di questo bellissimo film. Maschere indossate per sopravvivere. Oppure per difendersi. Oppure perchè i tempi (siamo alla fine dell’ottocento ma le cose ancora oggi non sono poi cambiate di tanto)lo imponevano.
La signorina Nobbs ha dovuto indossare la maschera da uomo perchè i suoi ricordi, principalmente, glielo hanno imposto. Ricordi di violenza e di abusi che immancabilmente hanno lasciato il segno.Confondendola, travestendola, facendole indossare una maschera (appunto) per poter riusicere ad andare avanti. Anche in Irlanda, nel 1898, dove per poter vivere, o sopravvivere,alla discriminazione sessuale si deve essere costretti anche ha cambiare aspetto.
Albert Nobbs ha un sogno, e lavora duramente per poterlo realizzare. Non vuole farlo da solo, anzi da sola, ma le cose non sono così facili e lineari come si crede. La situazione così si complica, si ingarbuglia tanto che anche lo spettatore riesce a fatica a starle dietro. Non tutti i personaggi, che si vedono nel film, sono così come sembrano. E Nobbs si rende conto di non essere l’unica a vivere con quelle sembianze. La vita di fine ottocento è tutto fuorchè semplice. Le malattie sono sempre in agguato e chi rimane vivo scopre che, forse, era meglio se moriva insieme alla persona amata. Nessuno però si scoraggia, neanche Nobbs. Che malagrado le sofferenze, le privazioni, le rinunce e le delusioni, riesce (con una forza incredibile) a buttar fuori la sua rabbia, a farla sfogare malgrado tutto questo la condanni a morire da sola, sul letto della sua stanza. Un’eccezionale Glenn Close, per un film crudo e allo stesso tempo intenso e struggente.