Allied - Un'ombra nascosta: la recensione di Leonardo23
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Allied – Un’ombra nascosta: la recensione di Leonardo23

Allied – Un’ombra nascosta: la recensione di Leonardo23

Una vera spia che atterra morbida dall’alto deve incontrare la sua finta moglie. Una vera spia che veste un morbido viola deve incontrare il suo finto marito. Robert Zemeckis fa iniziare così Allied-Un’ombra nascosta, gettando Brad Pitt e Marion Cotilliard in incomparabili coordinate di stile e geografia: anni Quaranta, Casablanca. La bollente Casablanca, tempio di divismo, che scioglie il gelo da conflitto spionistico (coi cinismi di maniera) e avviluppa Max Vatan e Marianne Beausejour in un gioco di specchi, che prima è teatrino professionale per scombussolare i tedeschi e poi appassionato, lussuoso melò. Tra scene d’antologia, charme a larga diffusione e una sotterranea riflessione su un mondo cinematografico che sta sbiadendo via, Zemeckis ha la mano ferma; scommette su una storia di spionaggio e passione che si muove verso lo spettatore a passo felpato: piena di connotati contraffatti (false piste e aringhe rosse come comanda il genere) ma anche accento sullo spettacolo e impegno emotivo senza sicura . È la parabola del matrimonio, quello figlio di un amore nato tra bombe e proiettili, minato poi dal dubbio, che il regista tratteggia in filigrana mentre intrattenimento e stupore patinano il minutaggio nella sua completezza. È anche un esercizio di amore verso il cinema e i suoi fulgori; quelli emanati dai Boghart e dei Grant, dalle storie presenti anche a tempo passato, dal fascino vestito nello scottante pericolo marocchino e intarsiato tra le strade di un quartiere di Parigi. Quelli che provano che “basta” appoggiare la telecamera su volti e luoghi per evocare mondi enormi. Sublime.

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