“American Assassin” (id., 2017) è il sesto lungometraggio del regista newyorkese Michael Cuesta.
Dopo sei loghi di produzione-distribuzione, inizia il film con una spiaggia dorata e un video selfie di Mitch verso la sua fidanzata che vorrebbe sposare. L’anello, la dichiarazione e poi…la luna di miele finisce prima di cominciare. Spari continui e vicinissimi, strage e morte. Iniziò dirompente che segna già la fine di una pellicola per nulla appassionata ma solo di routine e piaciona.
Film senza ansia spasmodica, senza un vero percorso narrativo e dove le situazioni sembrano abbastanza esplicite prima della comparsa e le immagini prima di averle. Il non visto sembra quasi
inutile: certo capire i tempi sarebbe utile. In tre secondo di stacco il nostro eroe passa dal piano terra a dietro il vetro della finestra del quarto piano ( non chiaro) come se nulla fosse, meglio di Superman e Spiderman insieme. E poi il tempo va in giuggiole quando si stratta di salvare tutto senza catastrofi epiche mentre un involucro…qualsiasi sta per esplodere cioè una bomba atomica. Dieci secondi, anzi trenta secondi, chi sa da dove sono stati visti…e contati. L’esplosione arriva e i trenta secondi….sono passati da un bel po’. In certi cSi il tempo è prezioso e il montaggio dovrebbe essere serrato con i secondi al centesimo. Ma tant’è…
Film di intrattenimento senza preamboli e con un occhio rivolto al bi-movie. Tutto orientato al facile consumo e quasi senza ammaliare più di tanto lo spettatore. Affascinarlo è troppo: e in film di tale genere l’intrattenimento ‘tout court’ e la facilità operativa di certe situazioni dovrebbe essere propositiva è attaccata al reale per cercare di far capire cosa succede in certi posti o palazzi. E il giramondo da Istanbul a Roma, da ovest a est è finita dove sa di cartolina postale e di inquadrature riempitive. Poi il caffè al tavolo in Piazza Navona è quasi sfuggevole o ammiccante rispetto ad un cinema di livello superiore che qui e fuori regola o addirittura assente del tutto.
Poi i personaggi sono tutti stereotipati al quadrato: scritti senza un minimo di sfumatura. Parossismo all’eccesso e oramai qualche attore (vedi Michael Keaton) sta costruendo la sua seconda o terza fase di carriera con un curriculum uguale a se stesso e senza badare minimamente a quello che si da. Una mistura minima di mosse, ghigni, lacerazioni o grida che oramai lasciano il tempo che trovano, anche perché sa tutto di orientato e dove si va a parare. Un film che ha certamente scene di accumulo adrenalinico ma fini a se stesse e senza un qualcosa di appassionante. Poi i posti e i luoghi set non sono scelti caso (questo è vero…) ma tutto sa di rimasuglio, copiaticcio e di già abbondantemente visto: come non pensare a 007 e via discorrendo.
Certo che in questa pellicola non mancano gli spari , il fuoco ravvicinato e il sangue: tutto in eccesso ma zero un po’ di autoironia dei vari visi.,,tutti credono di salvare il mondo…e di non sapere che cosa è una bomba nucleare…. nessun ferito, tutti salvo, nessun soccorso. Gli eroi buoni ci sono tutti….e quelli cattivi sono già con se stessi. Che bellezza è il cinema di routine e senza un minimo di inventiva.
Cast: monocorde e lineare. Dylan O’Brien (Mitch Rapp) che si converte da quasi sposo a una macchina per uccidere (e vendicare) appare monocorde e statuario privo di altro (certo qualche lampo potevano dargielo…), Michael Keaton (Stan Hurley) è il mentore dei ‘guerrieri’ (si fa per dire) con un canovaccio ovvio e scontato; ma è possibile per lui cambiare personaggio ogni tanto? O Birdman dà alla testa? Una faccia ultragranitica senza nessun virtuosismo, forte, duro e pronto alla resistenza in ogni modo (e modi). D’altronde un paio di unghie tolte e un corpo penzolante e pressato… cosa vuoi che siano per il nostro ‘militare’ omnia durezza. Che leccornia di risate al rovescio vedendo certe piccole delicatezze recitative!
Da menzionare gli inseguimenti vari tra le vie della Città Eterna: tutto senza fiato finto, tra posti centrali deserti e le nostre polizie varie assenti, fino a luoghi di perdizione… di ‘Roma capitale’ e alle gallerie delle case popolari (Corviale) … pensando alle fiction nostrane.
Regia di Michael Cuesta da effetto studio e con una verve-idee innovative veramente misere o nulle. Tra l’altro il sonoro (più volte) è assordante e compiacente, segnala oltre il dovuto la (finta) tragedia in ogni dove.
Luoghi-set-viaggi:
-Banca Rugiero (Roma): sponsor e soldi in primissimo piano;
-Hotel Boscolo (Roma): in Piazza Esedra, camere e numeri per una pubblicità poco occulta….attenzione alle porte n. 1448 e 1449… può succedere di tutto.
-città varie e variopinte con cartoline dall’alto per un ‘giusto’ avviso di firma …
Voto: 4,5/10.