Non è un biopic glorificante una leggenda dell’esercito yankee come “Il sergente York” (1941, sempre con Cooper protagonista, però Gary e non Bradley), non è propagandistico, reazionario e patriottico come “Act of Valor” (2012), non è ideologicamente antimilitarista come “Nella valle di Elah” (2007), non è sui traumatizzati reduci dall’Iraq come “Home of the Brave – Eroi senza gloria” (2006), non è adrenalinico come “Black Hawk Down” (2001), non è s’un duello western fra i migliori tiratori scelti dell’opposte milizie come “Il nemico alle porte” (2001), non è s’un soldato “war-addicted” come “The Hurt Locker” (2008), non è di denuncia delle guerre del Golfo come “Three Kings” (1999) o “Redacted” (2007). È un copione s’una figura omerica alla stregua d’Achille, invincibile in battaglia ma vulnerabilmente mortale per un’inezia al confronto, ossia su un tòpos plurimillenario ch’a Hollywood è passato di mano in mano fino a Eastwood il quale l’ha diretto, tra uno sbadiglio e l’altro ricambiati, da mestierante anonimo, con una regia di solito definita “alimentare”, incolore, insapore e supportata da una valanga di polemiche quelle sì montate ad arte. Il guizzo autoriale del pre-epilogo nella tempesta di sabbia come metafora del disorientamento all'”Apocalypse Now” (1979), “Full Metal Jacket” (1987), “Il cacciatore” (1978) è estemporaneo, il proiettile in CGI ch’uccide Mustafa è risibile dopo l’uso fattone in “Assassini nati – Natural Born Killers” (1994) (https://www.youtube.com/watch?v=zVizhLGaEmk), Cooper (Bradley) si riduce a inespressiva macchina da guerra grazie alla paresi per l’eccesso di muscoli palestrati (30 kg).
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