American Sniper: la recensione di paulinho
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American Sniper: la recensione di paulinho

American Sniper: la recensione di paulinho

Clint Eastwood aveva già trattato un tema delicato come la guerra dimostrando grande sensibilità verso entrambe le fazioni. Come non dimenticare infatti il dittico “Flags of our fathers” / ”Lettere da Iwo Jima”? Ma in questi casi eravamo nella seconda guerra mondiale. Ora invece le guerre si combattono in altri modi. I nemici non sono un vero e proprio esercito. I nemici si chiamano terroristi. E, cosa più importante, in guerra ci si va volontari.
È da questa premessa che Eastwood gira un biopic sul cecchino più letale della storia americana. Perché “American Sniper” non è un film di guerra. Il film non vuole spiegare il conflitto post-11 settembre. Lo spettatore non si sogni di entrare in sala e ricevere nozioni oggettive sul conflitto in Iraq. Quello che ci viene mostrato infatti non sarà altro che la vita di Chris Kyle. Attraverso i suoi occhi vediamo uno spaccato d’America che un qualsiasi altro film di guerra non può vantare: quella del Midwest, dei cowboy. Dei patriottici direbbero alcuni. E hanno ragione.
Il film ha quindi un’impronta marcatamente filo-americana. I nemici sono il male e i vari Marines e SEALs sono i salvatori della patria e, egoisticamente, pure degli invasi. I nemici non hanno personalità. Vengono abbattuti dal protagonista come fossero personaggi di un videogioco. Ed è forse qui il punto di forza del film: come già detto ci viene mostrato il tutto filtrato dagli occhi di un semplice uomo che ha deciso di arruolarsi per “uccidere i lupi e salvare il gregge”. Infatti il finale è chiarificatore di un problema che colpisce tutti i reduci. Problema che si percepisce lungo tutto il corso del film grazie anche a un ottimo Bradley Cooper che, trasformatosi in Chris Kyle dopo un estenuante lavoro fisico, offre quella che è finora la performance della carriera. Stupisce il fatto che questo attore sia stato lanciato grazie a un genere totalmente differente come la commedia.
Eastwood è il solito mostro in regia. Il tutto è curato nei minimi dettagli e il suo tocco elegante è percepibile pure nelle sequenze di battaglia. Sabbia, edifici in decadimento, sparo e fiotto di sangue su velo bianco. Tocco di classe di un grande maestro.
Non stupisce che “American Sniper” sia stato tanto amato in patria quanto criticato altrove. Però qui si tratta di capire gli intenti del regista. Nessuna lezione di guerra. Qui si parla della vita di un cowboy.

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