Determinati a impedire ad Annabelle di continuare a seminare il caos, i demonologi Ed (Patrick Wilson) e Lorraine Warren (Vera Farmiga) portano la bambola posseduta nella stanza dei manufatti chiusa a chiave nella loro casa, mettendola “al sicuro” dietro un vetro consacrato e ottenendo la santa benedizione di un sacerdote. Ma li attende una spietata notte di orrore, quando Annabelle risveglia gli spiriti maligni nella stanza, pronti a mettere gli occhi su un nuovo bersaglio: Judy, la figlia di dieci anni dei Warren (Mckenna Grace) e le sue amiche.
Nuovo capitolo della serie di film scaturiti dalla fortunata saga di The Conjuring, Annabelle 3 rispolvera – è proprio il caso di dirlo – le implicazioni paranormali care al franchise e ridà rivelanza alla bambola tanto inquietante (vista per la prima volta nel film apripista di James Wan del 2013), rinchiudendola in una teca museale. Dietro un vetro e coperta di polvere, Annabelle dovrebbe fare meno paura del previsto, ma i risvolti e le dinamiche della vicenda saranno ovviamente di segno completamente opposto.
Lo sceneggiatore e regista Gary Dauberman parte da questa condizione, all’insegna di una falsa e apparente idea di stasi, per mettere in campo un horror d’atmosfera tutto sommato efficace, guidato da un sinuoso prologo allungato che si articola esplorando ambienti e demoni, spettri e misteriose presenze sepolte nell’ombra e nell’oblio. Tale premessa gli permette di lavorare agevolmente sul puro artigianato della paura, costruendo con calma olimpica, e con qualche ovvietà e ridondanza, un’orchestrazione di immagini e suoni che tuttavia non manca di affascinare e di imporre allo spettatore qualche brivido ben assestato.
Annabelle in questo film è un tramite, un ponte che fa da tramite e da richiamo irrinunciabile per altri spiriti. L’impianto formale si colloca in scia e lavora con cura certosina sul dettaglio, sugli abiti di epoche passate, sull’oggettistica riprodotta con amore e devozione. Gli scompensi della narrazione e il suo parziale girare a vuoto sono dovuti senz’altro a un’esplosione di terrore che affiora troppo tardi in tutta la sua latente potenza, ma è anche vero che la padronanza dell’universo che fa capo ai celebri demonologi Warren è ben servita da una cristallizzazione del loro immaginario e dell’influenza senza precedenti che le loro figure hanno saputo esercitare su questi temi e sulla saga cinematografica che ne è derivata.
Annabelle 3 si apre così anche alla sfera dell’occulto, raccogliendo sotto la propria sfera d’influenza richiami mitologici. Si vedano a questo proposito i defunti che vanno traghettati oltre la morte, con le monete sugli occhi messi lì a mo’ di pedaggi, ma anche la scioltezza con cui si convoca in scena un lupo mannaro, inserito senza colpo ferire in un contesto che tutto sommato non rinnega, accanto agli esorcismi e agli scricchiolii, anche i consueti palpiti da teen movie romantico, fatto di battutine e ammiccamenti, inceppamenti, imbarazzi e guance rosse.
Annabelle 3, dedicato alla memoria della vera Lorraine Warren, scomparsa il 18 aprile 2019 all’età di novantadue anni, e pur non collocandosi tra i migliori esiti del filone, visto da una prospettiva più ampia e inserito nell’ottica di un ciclo di prodotti interconnessi tra loro non manca di evidenziarne l’inesausta vitalità, come concept commerciale, e l’innegabile godibilità. Anche quando disposta a cimentarsi, come in questo caso, col filone dei ragazzini alle prese con ossessioni scricchiolanti e creature demoniache molto più grandi di loro, già di suo spremuto all’inverosimile, da Stranger Things in giù.
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