Gestazione difficile per questo sequel che vede grandi cambi sia in cabina di regia, con il passaggio del testimone a Matt Reeves (l’ottimo Cloverfield), sia alla sceneggiatura dove subentra Mark Bomback. Anche il cast viene rivoluzionato con gli inserimenti di Jason Clark, Gary Oldman e Keri Russell. Confermato invece Andy Serkis nel ruolo di Cesare.
Il risultato di questo stravolgimento va pari passo con l’evolversi della storia. Sono passati quindici anni dai fatti del primo capitolo. Dalle ambientazioni anguste, domestiche se vogliamo, si passa ad uno scenario post apocalittico devastato dal diffondersi di un virus mortale che ha sterminato l’umanità, rendendo le scimmie, evolute a livelli incredibili, la causa di questa tragedia. Per diversi motivi la sopravvivenza reciproca passa l’una sulle spalle dell’altra.
Il film perde sicuramente l’intimità che aveva rivolto al rapporto tra Will (James Franco) e Cesare, per crogiolarsi in un imbuto di tensione che farà da preludio a quello che sarà l’inevitabile scontro tra le due specie in questo beffardo delirio evolutivo.
La pellicola sorprende giocando, quindi, un pò a spiazzare lo spettatore. Una vera frenetica corsa alle armi non c’è, la componente action resta in ombra, in secondo piano, in modo da calibrare, senza forzare, lo svolgersi del copione. Se da una parte potrebbe “rilassare” troppo la visione, dall’altra rende memorabili scene ricche di rara intensità.
Il resto è inerzia di una grafica digitale che ha raggiunto livelli così strabilianti da (quasi) impedirci di meravigliarci quanto meriti. La definizione delle scimmie è talmente elevata che è un peccato non averle sempre sullo schermo. Lo stesso lavoro egregio di Andy Serkis viene “oscurato” dal pensiero che Cesare possa avere una vita (digitale) propria. E così l’ambiente che circonda, la fatiscente San Francisco: lavoro tecnico memorabile con l’occhio che viene ampiamente ripagato.
A pagarne potrebbe essere il cuore, l’anima del film. La mancanza di veri e propri affondi nello script mina l’entusiasmo di chi si aspettava un input più aggressivo e feroce. La trama scorre forse fin troppo lineare, con i due schieramenti di fronte l’uno all’altro, in attesa della scintilla che faccia scaldare l’atmosfera. Ma ripetiamo, è una scelta voluta da Reeves che decide in questo modo di non tramandare ai posteri il solito “fuoco e fiamme” in città a suon di palazzi disintegrati e combattimenti sfrenati.
Ne esce alla fine una scelta intelligente, quella di sopperire a qualche carenza emotiva in favore di un colpo d’occhio mirabolante e di una strategia di tensione che tiene ancorato lo spettatore con la giusta suspence per poi accontentare tutti nel finale pirotecnico. La morale viene gridata a gran voce per tutto il film, ma tra i vari Giuda, giochi di potere e prove di fiducia c’è di che per rimanere soddisfatti.
Deludente, infine, vedere un grande attore quale Gary Oldman confinato in un copione irrispettoso. Uno spreco di talento bello e buono. Si, anche in un blockbuster.
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