Athena: paura e delirio nella banlieue. La recensione del film di Romain Gavras
telegram

Athena: paura e delirio nella banlieue. La recensione del film di Romain Gavras

Il film all'ultima edizione della Mostra del cinema di Venezia, dov'è passato in Concorso, ha conquistato una lunga standing ovation dopo 90 minuti di grande cinema d'azione

Athena: paura e delirio nella banlieue. La recensione del film di Romain Gavras

Il film all'ultima edizione della Mostra del cinema di Venezia, dov'è passato in Concorso, ha conquistato una lunga standing ovation dopo 90 minuti di grande cinema d'azione

athena venezia recensione
PANORAMICA
Regia (4)
Sceneggiatura (2.5)
Interpretazioni (3)
Fotografia (5)
Montaggio (4)
Colonna sonora (4.5)

Athena si apre su uno sguardo, carico di dolore e di rabbia. La camera precede la marcia di un soldato verso una conferenza stampa della polizia. Il fratello minore di Abdel è stato ucciso da dei poliziotti, come sembra dimostrare il video virale che ha acceso le proteste in Francia. Lo sguardo si sposta, senza stacchi, nella folla: un ragazzo con la stessa ferocia negli occhi accende una molotov, la lancia verso la polizia. È l’inizio di un piano sequenza che va avanti per oltre 10 minuti e la promessa (mantenuta) di un action clamoroso per tecnica e adrenalina.

Diretto da Romain Gavras – figlio di Costa-Gavras già acclamato come regista per un videoclip dei Justice considerato liminare per l’urban actionAthena è stato presentato in concorso alla 79° Mostra del Cinema di Venezia ed è disponibile su Netflix a partire dal 23 settembre, ma difficilmente la piattaforma saprà rendergli onore e spiegare perché ha conquistato una lunga standing ovation al termine della première veneziana.

27 anni dopo L’Odio di Mathieu Kassovitz con protagonista Vincent Cassel (non a caso presente in sala al Lido pur non coinvolto nel film di Gavras) si ritorna nelle banlieue, i quartieri popolari della periferia francese. La trama è la stessa: l’uccisione di un ragazzino da parte della polizia fa esplodere la rabbia popolare, la violenza che diventa signora e padrona delle strade. Athena ne accentua ancor di più l’impostazione tragica greca alla base, sin dal titolo che richiama un’ideale di giustizia applicata al sociale. I protagonisti sono 3 fratelli che incarnano diversi gradi di ethos: Abdel è il soldato votato all’integrità e all’ordine, Karim il rivoluzionario che organizza la rivolta nel fittizio quartiere, Moktar il bieco trafficante marginalmente toccato dal dolore che ha sconvolto la loro famiglia e comunità.

Athena è però anche la storia di ogni guerra, passata o futura: dietro alla morte del giovane Idir aleggia il sospetto di una menzogna, di una manipolazione tramata nell’ombra e che impedisce di avvicinarsi troppo al cœur emotivo, spinge ad uno sforzo di oggettività continuo, ad una spasmodica incertezza sul confine dell’empatia. Da un lato, Athena fa di tutto per assumere un punto di vista manicheo sulla rivolta nella banlieue, dall’altro cerca di evitare una facile immedesimazione violenta e anarchica.

La storia dei tre fratelli e di una guerra civile in Francia non è priva di difetti: specie nei suoi snodi narrativi più importanti, si concede qualche semplicismo di troppo, tutto dimenticato dalla vera potenza di Athena – ovvero il suo impianto tecnico. Il piano sequenza è un feticismo cinematografico che affascina molti cineasti: nell’idea stessa di uno sguardo privo di tagli, censure e imposizioni, c’è la promessa di una realtà fluida e ininterrotta, di una “finzione più vera”.

Una fascinazione che ha precedenti illustri e che è stata declinata in vari modi e generi: da Nodo alla Gola di Alfred Hitchcok, sino al più recente 1917 di Sam Mendes, il piano sequenza è stato usato ora come espediente filmico per risaltare attori e recitazione, ora come affermazione della tecnica sulla narrazione. La via di mezzo esiste e l’esempio più vicino a quanto fatto da Romain Gavras è I figli degli uomini di Alfonso Cuarón: un mouvement d’ensemble celebrato ancora oggi, una meraviglia visiva e drammaturgica con pochi equali – fino ad ora.

Il prologo di Athena (e le altre sequenze) richiama iperbolicamente quel modo di intendere il piano sequenza e – senza esagerare – lo fa ancora meglio, confezionando un prodigio tecnico di minuziosa preparazione esaltata da movimenti di camera oltre il limite del possibile (non ci sono gli impallamenti sfruttati da Iñárritu in Birdman, ma probabili e invisibili stacchi qua e là che non sminuiscono il risultato finale), una colonna sonora wagneriana per potenza epica e una coralità di azione e personaggi anarchica e organizzata allo stesso tempo.

Athena è in definitiva cinema d’azione rifiuta di scegliere tra trionfo della tecnica o della narrazione, tra gestione dei ritmi o della storia, tra emozione o racconto. Dove può arrivare è incerto, dove meriterebbe di stare invece è ai primi posti di una classifica à la “I migliori piani sequenza della storia del cinema”. 

Foto: Netflix

© RIPRODUZIONE RISERVATA