ATM - Trappola mortale: la recensione di JAMovie
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ATM – Trappola mortale: la recensione di JAMovie

ATM – Trappola mortale: la recensione di JAMovie

Dopo parecchi film che ultimamente stanno rispolverando il tema del maligno, del satanasso,visto e rivisto in migliaia di salse, ecco tornare un altro tormentone del genere horror, che ha avuto il suo picco con pellicole come la saga di “Scream”, e “So cos’hai fatto” : il villain cattivone, che si diverte a torturare ed uccidere i ragazzetti di turno.
E questa volta non siamo nè in un hotel sperduto come in “See no Evil” nè in case nel bosco, ma dentro un semplice ATM, ovvero Automatic Teller Machine, detto più comunemente, uno sportello bancomat, nel bel mezzo di un distributore di benzina circondato dall’ambiente esterno da quei soliti vetri antintrusione che in film come questi però si rompono sempre tanto facilmente.
Ci sono tre ragazzi, benestanti, che lavorano tutti nella stessa azienda e che dopo un fine serata si fermano allo sportello per prelevare dei contanti.
Tutto tranquillo, prendiamo i soldi, e c’andiamo a sparare una pizza. Col cavolo.
Fuori c’è un uomo, tutto incappucciato, col volto nascosto dal cappuccio del suo Woolrich, che fissa i tre malcapitati, non si muove, non si sa che intenzioni abbia. Non abbiate fretta, lo capiranno bene, ed in fretta, e malediranno per sempre il momento in cui decisero di fermarsi allo sportello automatico.
Ritorna quindi in questo film di David Brooks il tema del villain di turno che prende di mira dei teenager un po’ sprovveduti e spaesati e abbatte su di loro tutta la sua cattiveria, senza un apparente motivo.
Sotto tiro è il trio composto da Emily (Alice Eve), Corey (Josh Peck) e David (Brian Geraghty), magari molto volenterosi ma mai in grado di portare lo spettatore ad empatizzare con loro lungo tutti i novanta minuti della pellicola.
L’idea era buona, il bancomat era un ambientazione particolare, perchè puoi vedere il tuo killer negli occhi, di fronte, di lato, quello che non puoi fare è vederlo quando va nel lato coperto, quello dietro di te.
E oltre ai tre ragazzi e al cattivone di turno c’è lui, lo sportello automatico, un luogo dove dovremmo sentirci sicuri, dove ci sono vetri a prova di proiettile, dove ci sono numeri verdi, telecamere che ci riprendono e mandano le immagini alle centrali di polizia che dovrebbero venire in nostro soccorso guardando le immagini……..Già, se le immagini però mostrassero qualcos altro?! Se non fosse così facile spiegare agli altri la verità ? Gioca un po’ su questo ATM, sulla tecnologia che potrebbe salvarci in una situazione di forte pericolo ma che potrebbe anche rivoltarsi contro di noi, e favorire invece colui che ci vuole morti, che ci osserva, mentre dallo stupore passiamo alla paura, dalla paura alla disperazione, dalla disperazione, al delirio totale.
Quello che manca peròà alla pellicola è un ritmo che ci invogli ad attendere con ansia quello che deve ancora accadere, che tra l’altro non risulta nemmeno così imprevedibile, cadendo nello scontato a volte.
Gli attori ci mettono la faccia ma poco più, non riusciamo ad entrare in sintonia connessuna delle tre vittime, anzi, da alcuni loro modi di fare a volte viene solo il desiderio che il killer si dia una mossa e li faccia fuori alla svelta.
Manca l’imprevedibilità ad “ATM” , manca quella suspance che in un film horror ti fa saltare dalla sedia se un rumore che senti non proviene dallo schermo ma dal luogo in cui stai vedendo la pellicola, tanto ti sta influenzando il film. Film che in questo caso però si tira avanti per i suoi novantaminuti di durata che visto il poco mordente che la storia ha, sembrano anche troppi, e non fanno di certo di questa pellicola una di quelle che segnerete nell’agenda dei vostri horror preferiti.
il serial killer viene poco approfondito, sicuramente il regista ha puntato di più suill’atmosfera claustrofobica dell’ambiente chiuso in cui si trovano le tre vittime, cercando di creare quel livello di tensione crescente sia in loro che nello spettatore. Livello di tensione che nel sottoscritto perà non è salito di molto, specialmente a partire da un certo punto in poi, quando invece l’asticella avrebbe dovuto puntare decisamente in alto.
Ci siamo già passati con “So cos’hai fatto”, ci siamo già passati con “Scream”, ci siamo già passati con “Le colline hanno gli occhi”.
Per questo film, sinceramente, potevamo anche non passarci.

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