Il controllo tecnologico della vita moderna, il voyerismo e l’insensatezza della violenza. Sono questi i temi portanti di ATM – Trappola mortale in sala grazie a M2Pictures, già distributore lo scorso anno di Frozen, un piccolo caso al botteghino che con questa pellicola, curiosamente, ha diverse cose in comune: tre giovani protagonisti, anche in questo caso due uomini e una donna, la prigionia in un luogo claustrofobico e l’ambientazione sotto zero. In ATM però non ci sono seggiovie né campi da sci, ma un bancomat sorvegliato da un pazzo sadico. E’ Natale e dopo la consueta festa aziendale David (Brian Geraghty) si fa finalmente avanti con Emily (Alice Eve), offrendole un passaggio in macchina. Insieme a loro c’è il collega Corey (Josh Peck) che, affamato, insiste per fermarsi a mangiare un boccone, ma il portafogli piange e si rende necessario un prelievo al bancomat, un’azione di routine che si trasforma in un incubo quando uno sconosciuto sembra intenzionato a non farli uscire vivi dallo sportello.
Esordio alla regia di David Brooks, ATM – Trappola mortale è scritto da Chris Sparkling, già sceneggiatore di Buried – Sepolto con Ryan Reynolds finito in una bara ancora vivo, e sfrutta appieno l’idea della location unica per far progredire un film che può idealmente dividersi in due parti: la prima, scolastica e poco interessante, ambientata alla festa con situazioni piuttosto telefonate; e la seconda, vera anima del film, in cui lo sportello bancomat diventa il protagonista della storia. In un luogo, una filiale di banca, dove la sicurezza di utenti e denaro dovrebbe essere garantita sopra ogni cosa, i tre protagonisti si ritrovano privati di tutto: dall’energia elettrica, all’impossibilità di lanciare un SOS, dalla mancanza di riscaldamento all’impossibilità paradossale di potersi rintanare al sicuro per sopravvivere fino al sorgere del sole. Quello che funziona del film infatti è la scrittura non pretenziosa: catapultato all’interno della dinamica del gioco sadico del killer lo spettatore per una volta non perde tempo a capire cosa spinga il folle aguzzino, se traumi infantili o torti personali subiti, ma prova semmai a immaginare una via d’uscita da una situazione incredibile.
Ma mentre sadismo e voyerismo sono gli aspetti più visti del plot, a mancare davvero sono le idee a supporto della dimostrata “inutilità tecnologica” che sta alla base della sceneggiatura. La tensione arriva a corrente alternata azzerata da dialoghi banali, poca alchimia tra i personaggi e la mancanza di dinamiche di regia da thriller che avrebbero potuto sopperire alla scarsità di inventiva. Solo l’epilogo ci regala una buona intuizione riportando il film alla tematica della sicurezza garantita dai sistemi a circuito chiuso: una finta sicurezza che viene rovesciata mostrandoci tutti i suoi limiti.
Leggi la trama e guarda il trailer del film.
Mi piace
L’idea che pur sorvegliati da telecamere a circuito chiuso siamo tutti vulnerabili
Non mi piace
Poche idee efficaci e una tensione che non si mantiene alta
Consigliato a chi
Ama le storie ambientate in un’unica location
Voto: 2/5
© RIPRODUZIONE RISERVATA