A più di vent’anni dall’uscita nelle sale dell’iconico Bad Boys, e a quattro anni dal terzo capitolo, Bad Boys for Life, Will Smith e Martin Lawrence di nuovo insieme nel quarto film del franchise, Bad Boys: Ride or Die. I due attori tornano a interpretare i ruoli di Mike Lowrey e Marcus Burnett nel film diretto da Adil El Arbi e Bilall Fallah, due giovani registi nati in Belgio ma di origini marocchine, già dietro la macchina da presa di Bad Boys for Life e che avrebbero dovuto dirigere il famigerato Batgirl, prima che la Warner lo cancellasse dalla sera alla mattina.
In Bad Boys: Ride or Die Will Smith ritorna nel ruolo di Mike Lowrey, uno dei personaggi più iconici della sua carriera cinematografica, e i Bad Boys si scontrano con la nuova leva della polizia di Miami e finiscono per essere ricercati. Una miccia che è il pretesto per un’avventura virile in cui la solita complicità da buddy cop movie orgogliosamente anni ’80 e ’90 e le battute tra i due compari protagonisti sono chiamate a tenere in piedi il tutto e a salvare la baracca.
Il walk down memory lane soffuso e ridanciano che viene proposto è comunque abbastanza gradevole, anche se si poteva spingere di più sull’esplorazione dell’aldilà scomodata dal problema fisico che coglie Marcus di sorpresa e che lo costringe a rivedere le priorità della sua esistenza proprio all’inizio del film. Un incipit quasi malinconico, che però presta ben presto il fianco alla solita ironia caciarona e fracassona, da buoni compagni di merende che ne hanno viste di ogni e fatte insieme di cotte e di crude nel corso degli anni e, ormai, dei decenni.
La sensazione è che alcuni raccordi di montaggio volutamente sciatti siano il tentativo, non del tutto riuscito ma semanticamente affascinante, di applicare al blockbuster d’azione un’estetica bassa da digitale usato in maniera quasi pittorica, alla maniera di Michael Mann ma in versione quanto più tamarra possibile, ovviamente. Purtroppo il gigante di Miami Vice non c’entra nulla, ça va sans dire, e scomodare il suo nome in questa sede genera anche un mix di imbarazzo e lesa maestà.
A rendere Bad Boys: Ride or Die un film dalla confezione estremamente piacevole è però la schiettezza divertita, godereccia, scacciapensieri e rigorosamente senza pretese con la quale si offre allo spettatore e si lascia vedere dall’inizio alla fine. La giostra regge, nella nostalgia scanzonata del “fu” Principe di Bel Air chiamato qui a ironizzare anche sul famigerato schiaffo a Chris Rock della notte degli Oscar 2022, e alla fine si degenera perfino sul fronte dei combattimenti marini, con alligatori pronti a riservare più di una zampata e di una sorpresa aguzza e insanguinata.
Questo Bad Boys: Ride or Die è insomma un altro giro di valzer per gli agenti più cool di Miami, che sono di nuovo in città (come strizza l’occhio la tag-line del film). Prova a rifarsi il trucco gareggiando nello stesso agone family dei Fast & Furious degli ultimi anni e a beccare anche un po’ dell’ironia tutta punch-line della Marvel e in particolare del Mercenario Chiacchierone, che con Deadpool & Wolverine è chiamato tra poco a fare da ago della bilancia degli incassi della stagione cinematografica estiva, con tanti esercenti che ripongono nel titolo generose speranze.
Se le stilettate politiche sono piuttosto all’acqua di rose, come confezione friendly della produzione di quella vecchia volpe di Jerry Bruckheimer impone, e non ci sono graffi di spessore sul fronte del politicamente scorretto (ammesso che se ne sentissimo il bisogno), in compenso splendono i camei: da quello, tutto da scoprire, del tiktoker italiano Khaby Lame, a quello – obbligato verso – il vate e padre del franchise, Michael Bay, la cui apparizione fulminea è anch’essa una chicca da scoprire e gustare in sala (stando attenti a non distrarsi mentre Will Smith attraversa la strada…).
Foto: Columbia Pictures
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