Correva l’anno 1976 quando nelle librerie uscì la prima edizione di Bar Sport di Stefano Benni, surreale romanzo corale dedicato al Bar Sport di un piccolo paese della provincia bolognese, emblema di tutti i Bar Sport d’Italia, vero e proprio punto di ritrovo e riferimento per intere generazioni, attorno al quale le storie più comuni e le imprese più incredibili si materializzano. A oltre trent’anni di distanza, Massimo Martelli ne ha diretto l’adattamento cinematografico, fotografando una società, quella dei piccoli borghi degli anni Settanta, che in fondo non sembra essere cambiata. Il barista tirchio (Giuseppe Battiston), il “tennico” tuttologo (Claudio Bisio), il nonno sempre incollato alla tv (Ermanno Bonatti), le acide vecchine (Angela Finocchiaro e Lunetta Savino) e la bella cassiera (Aura Rolenzetti) approdano sul grande schermo come archetipi di vizi e virtù tipicamente nostrani. I loro sogni, i ricordi, le fantasie, i miti e persino i loro racconti più buffi e stravaganti, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, si materializzano attorno ai tavoli dei giocatori di carte o al biliardo e prendono corpo nell’immaginazione collettiva della piccola comunità del bar, che circonda incantata il “cantastorie” di turno. Dalle avventure del sedicente playboy del paese (Teo Teocoli) all’epopea del grande Pozzi o del mitico calciatore Piva, la parola, il racconto sprigionano tutta la loro potenza emotiva e simbolica. I più emblematici prendono vita grazie al riuscito escamotage del corto animato che permette allo spettatore di “vedere” il racconto, e di dar corpo anche alle pagine più suggestive e surreali di Benni. Meno efficace, in alcune sequenze, l’uso di una regia quasi teatrale, probabilmente derivante da una deformazione professionale del regista (autore tra le altre cose anche di Love Bugs), che tuttavia premia le performance degli interpreti.
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Mi piace
I cortometraggi di Giuseppe Maurizio Laganà, riuscitissimo escamotage per tradurre sul grande schermo le epiche e surreali imprese del grande Pozzi e del Piva
Non mi piace
I siparietti di impianto eccessivamente teatrale
Consigliato a chi
A chi ha amato il libro di Stefano Benni, per riscoprire al cinema le atmosfere e i protagonisti di una provincia italiana senza tempo
Voto
3/5