Se a priori il confronto tra Batman e Superman può sembrare impari c’è da ammettere che la messa in gioco di Snyder riesce nel contrapporre in maniera fruibile l’incontro/scontro tra il super uomo e l’identità aliena. Chiariamo subito che “Batman v Superman – Dawn of Justice” non è un capolavoro assoluto, ma i pregiudizi dubbiosi che accompagnavano la grande quantità di carne messa al fuoco vengono presto ribaltati. E anche se alla fine saranno più ombre che luci, lo spettacolo offerto è destinato a dividere le opinioni. Proprio come scegliere da che parte stare.
Se da una parte Zack Snyder conosce già il figliol prodigo Clark Kent (Henry Cavill), la comparazione con l’altro mostro sacro Dc Comic, rigenerato in maniera sublime da Nolan nell’ancor fresca trilogia, restava il grande punto interrogativo da sciogliere. Ebbene ecco la prima grande sorpresa: Ben Affleck e Bruce Wayne diventa un matrimonio convincente. Il costume gothico, dipinto in maniera più brutale di quanto mai fatto, è modellato su una figura meno gigiona e più umana, ma ferita da anni di vigilanza estenuante alla quale si aggiunge adesso un Superman più controverso, messo in discussione dopo l’apocalisse della battaglia con il generale Zod. Anche Batman punta il dito ma attirando a sua volta le attenzioni dello stesso Kent, pronto a smascherare l’identità di un giustiziere sopra le righe che non esita ad uccidere per il bene della giustizia. E cosi tra i due litiganti il terzo gode. O almeno vorrebbe. Il Lex Luthor di Jesse Eisenberg manca di vera identità, risultando una caricatura enfatizzata di una personalità esuberante che per battute e movenze rimanda più di una volta alla figura di Joker. Un banale scivolone se si pensa al carisma già elevato del personaggio.
La trama è molto più semplice di quanto la prima parte di film ci faccia vedere. Da un lato affascinano le atmosfere più “fumettiane”, dall’altro la mancanza di vera adrenalina rischia di deludere chi si aspettava ben altra musica. Il break arriva nel secondo atto ma non senza eccessi sfarzosi di un regista bravo nel giocare con gli effetti speciali ma conservativo quando si tratta di osare. L’ultima mezz’ora buona di film è un grosso campo di battaglia ma sempre da croce e delizia. Spettacolare si, ma anche eccessivo, talvolta surreale (davvero la grande alleanza passa per una semplice omonimia materna?). Snyder recupera credito calando nel contesto una Wonder Woman grintosa, impersonata da una Gal Gadot sempre più a suo agio in ruoli mascolini, ma pecca caratterizzando in maniera superficiale i villain della pellicola, Doomsday come Lex Luthor (ma non è tutta colpa di Eisenberg, sia chiaro!). Peccato perchè le due ore e mezza di pellicola (eccessive) potevano essere gestite molto meglio su questo frangente.
Dawn of Justice non doveva essere la risposta definitiva Dc Comics a Marvel, quanto invece l’apripista di lusso ad un universo in espansione, come anticipano le brevi apparizioni di Flash, Cyborg e Acquaman. Ma è difficile capire se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto. Pur sapendo quanto non sia facile giocare con due galli nel solito pollaio, Snyder ne esce con un talento incompiuto. Una maggiore calibratura delle parti avrebbe sicuramente risolto diversi interrogativi. Per fortuna non tutto è da buttare e per quanto paradossale le cose migliori si sono viste sulla sponda “Gotham”, forse anche per merito per la visione esterna di Ben Affleck e del suo intromettersi in punta di piedi. Chissà che un domani una sua regia esclusiva non possa rivelarsi l’ennesimo capolavoro.
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