Batman v Superman: Dawn of Justice: la recensione di aleotto83
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Batman v Superman: Dawn of Justice: la recensione di aleotto83

Batman v Superman: Dawn of Justice: la recensione di aleotto83

Anche i cinecomics possono stancare, è l’amara conclusione a cui anche un fan di questo genere cinematografico tra i più affermati può arrivare dopo la visione di quel pasticciaccio brutto che è “Batman v Superman”.
E dire che il kolossal multimilionario della Warner Bros, in collaborazione con la casa fumettistica DC Comics, doveva essere la mano studiatamente vincente in cui la major si gioca subito i due assi più alti, l’incontro/scontro che apre la strada ad una nuova serie di film ispirata alle gesta degli eroi della “Justice League”, di cui Superman e Batman sono i membri più illustri.

I primi incontri tra il giustiziere di Gotham e il semidio di Metropolis avvengono sulla carta di numerosi fumetti celebri che si sono susseguiti per più di 60 anni, culminati ne “Il Ritorno del Cavaliere Oscuro” di Frank Miller del 1986, che è la principale fonte di ispirazione per molti elementi di questa pellicola.
Inspiegabilmente però, la fedeltà alle solide basi narrative della graphic novel, che aveva fatto la fortuna di Zack Snyder con la trasposizione di“Watchmen”, viene tradita per assemblare una storia inconsistente e confusa, appesantita da troppe sottotrame inconcludenti e spunti interessanti non sviluppati; nelle due ore e mezza circa di durata, troppi snodi narrativi risultano incomprensibili, i personaggi cambiano idea all’improvviso o sono comunque mossi da motivazioni risibili.

Ad esempio non si capisce perché il redivivo Batman, interpretato nella sua sesta incarnazione sul grande schermo da Ben Affleck, passi tre quarti del suo tempo a odiare ciecamente Superman: d’accordo, i danni collaterali della battaglia di Metropolis tra il superuomo e il generale Zod al termine de “L’uomo d’Acciaio” avevano sterminato la popolazione tra cui erano presenti i dipendenti della Wayne Enterprise, ma nonostante veda a più riprese che il figlio di Krypton ha buone intenzioni verso l’umanità, per paura o forse un pizzico di invidia per i suoi poteri, il bat-vigilante trascura il crimine intestardendosi a trovare un modo per fermarlo.
A questo punto entrano in gioco i piani contingenti di un giovane milionario disturbato di nome Alexander “Lex” Luthor e un minerale alieno di colore verde scintillante che verrà poi conosciuto col nome di “kryptonite”.

Se ci soffermiamo ancora un attimo su Batman e tralasciamo la sua avversione un po’ forzata verso il coprotagonista, bisogna ammettere che era una buona idea la nuova caratterizzazione che si è voluta dare al personaggio, facendolo cioè tornare ad essere una sorta di detective mascherato violento, armato di semplici pistole e disilluso come nei fumetti; in effetti in questa veste al cinema non si era ancora visto e Affleck, tanto osteggiato dai fan che avevano addirittura indetto petizioni per togliergli il ruolo, non se la caverebbe affatto male se solo avesse modo di dare più spessore al suo Bruce Wayne.
E invece dobbiamo assistere nuovamente all’ennesima “origin story” dell’uomo pipistrello, coi genitori del piccolo Bruce uccisi a pistolettate da un maniaco all’uscita di uno spettacolo (stavolta correva l’anno 1981 e la famigliola felice ne veniva da un cinema in cui si proiettava il mitico “Excalibur” di John Boorman), di nuovo il filo di perle della madre che si rompe e queste che rotolano ovunque, il giovane orfano che fugge al funerale e ancora una volta cade nella caverna coi pipistrelli che iniziano a vorticare suggerendogli un grande spunto esistenziale; e poi si scopre che la ragione di dover narrare ancora questa vicenda è giustificata soltanto da un nome!
Scene come questa appena evocata e un altro paio di sequenze, tra cui l’inseguimento a bordo della Batmobile, sembrano esistere solo per ricordare allo spettatore che la Warner ha fatto tesoro dell’esperienza de “Il Cavaliere Oscuro”, in pratica però Snyder si limita a copiarle di sana pianta dalla trilogia firmata da Christopher Nolan, di cui lo spettatore si rende conto di rimpiangere ogni singolo minuto; anche quei pochi passaggi del terzo film che potevano non aver convinto i puristi, a confronto di “Batman v Superman” sembrano “Quarto Potere”!

Il povero Superman, invece, già protagonista del poco convincente “L’Uomo d’Acciaio” del 2013, viene in pratica relegato al ruolo di comprimario ed inconsapevole nemico dell’umanità, quindi maltrattato sadicamente da tutti senza motivo apparente, ma il volto stavolta corrucciato di Henry Cavill ci dimostra ancora che non poteva essere scelto un interprete più adatto per dar vita ai muscoli e all’innocenza tradita del buon alieno, che per la prima volta si scopre vulnerabile.
Una delle critiche più costruttive al primo film che lo ha visto protagonista era che Superman viene rappresentato troppo “alieno” e molto poco umano, ovviamente in questa seconda uscita la sua alterità rispetto agli uomini è accentuata all’estremo.

Si ritenga bocciato il Lex Luthor macchiettistico e nerd che si dà arie da Joker interpretato da Jesse Eisenberg, che dopo essere stato un capriccioso Mark Zuckerberg in “The Social Network” viene chiamato a fare di nuovo il milionario viziato: qui però diventa subito uno psicopatico pericolosissimo ma poco credibile, intessendo una sottotrama sulla tecnologia di Krypton la cui utilità è soltanto creare l’ennesimo mostro che sfascia tutto, talmente poco ispirato che il suo aspetto sembra preso pari pari dal troll de “Il Signore degli Anelli”.

Tra le esplosioni, crolli di palazzi e il disinteresse generale arriva anche Wonder Woman, tosta guerriera interpretata da Gal Gadot, che sbuca dal nulla e della quale non viene spiegato alcunché: la sua dovrebbe essere un’intrigante comparsata per introdurla al pubblico ed avvertirlo che tra un annetto dovrà andare a vedere un film solo sulla bella amazzone, ma l’effetto che si ottiene è più quello di una passante fortissima che si trova a passare di lì per caso a dare manforte agli altri eroi.
Questo concetto innovativo ma fastidioso di “teaser” all’interno del film viene ripetuto ancora più sfacciatamente per mostrare altri membri della futura Justice League, in una scena che interrompe la tensione esattamente come farebbe una pausa pubblicitaria: il personaggio di Flash, ad esempio, per qualche motivo interpretato da un attore diverso da quello dell’omonima e contemporanea serie tv della CW, compare di sfuggita anche nella sequenza del sogno apocalittico di Batman, che per quanto esotica rappresenta il picco di incomprensibilità del film, tanto che più di una persona in sala ha iniziato a farsi domande a voce alta!

Quanto al resto dei personaggi, Lois Lane, fidanzata di Clark in perenne assetto di dama in pericolo, insieme alla madre adottiva di lui Martha Kent, sembrano esserci soltanto per dare un senso alla dicotomia di affetti a rischio di perdita di Superman e quelli perduti di Bruce Wayne.
Il migliore resta sempre Alfred, il maggiordomo di Batman, stavolta in veste di socio, copilota e coscienza inascoltata, interpretato con l’ironia pungente che il personaggio richiede da un ottimo Jeremy Irons, che non sfigura affatto accanto ai suoi mitici predecessori Michael Gough e Michael Caine.

Non mi pare il caso di raccontare di più della trama che, tra pistolotti filosofici, politici e religiosi espressi con massima serietà da uomini volanti e mascherati, si perde in un’indigestione di effetti speciali.

Eppure il regista Zack Snyder è capace di creare singole scene visivamente impressionanti, supplendo con immagini suggestive alla propria inconsistenza di narratore, come il prologo in stile “11 settembre” visto dalla prospettiva impotente di un Bruce Wayne invecchiato e spaventato dalla distruzione arrivata da altri mondi, ma tutto il potenziale di una vicenda che poteva essere irresistibile viene ben presto sprecato.
Anche i colpi di scena finali sono di grande impatto, ma arrivano fuori tempo massimo, perché il colpo fatale alla pazienza dello spettatore è già stato dato da tutto ciò che avviene prima, in quella che si rivela nient’altro che una produzione troppo grande, ambiziosa e mortalmente seriosa che finisce persino, peccato imperdonabile, per annoiare.

Diciamocelo chiaro: non siamo assolutamente dalle parti dei film di supereroi della Marvel, in cui la sperimentazione di generi cinematografici diversi applicati alle avventure impossibili va a braccetto con un umorismo sempre presente che alleggerisce ogni paradosso, in “Batman v Superman” il regista amministra una superproduzione senz’anima, che conferma i dubbi della sua pellicola precedente piuttosto che rinverdire i guizzi dello strepitoso “Watchmen”.

Fortunatamente per Warner Bros e la “vecchia DC”, alle prime reazioni fortemente negative di critica e pubblico che hanno incupito anche il protagonista Ben Affleck, sono seguiti incassi da record in tutti i paesi in cui il film è già uscito, mettendo un momentaneo freno alle preoccupazioni: di certo, però, non si tratta del trionfo sperato per l’apripista di infiniti sequel e pellicole collegate, la prima delle quali, l’attesa “Suicide Squad” di David Ayer, uscirà tra pochi mesi.
Ma almeno per ora, la concorrenza targata Marvel e Disney dorme sonni tranquilli.

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