Battleship: la recensione di Gabriele Ferrari
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Battleship: la recensione di Gabriele Ferrari

Battleship: la recensione di Gabriele Ferrari

Per funzionare, un blockbuster fantascientifico ha bisogno di due ingredienti. Innanzitutto, serve azione degna di questo nome: quindi sorretta da una regia competente, un montaggio che tenga alto il ritmo ed effetti speciali che facciano strabuzzare gli occhi. E poi c’è l’imprevedibile fattore X; può essere una collezione di frasi fulminanti da citare con gli amici, un cast al massimo della forma, magari solo un paio di sequenze da insegnare a scuola: insomma serve la scintilla. Perché è facile girare un giocattolone, più difficile renderlo indimenticabile. Il qui presente Battleship, nuovo franchise targato Hasbro con lo scopo di affiancare (se non soppiantare) i Transformers nell’immaginario collettivo, prova con tutte le sue forze a compiere il grande salto da “guilty pleasure” a “culto”. Il risultato finale, passateci la battuta, è un mezzo buco nell’acqua.

La storia si compone di un quarto di Armageddon e tre quarti di “film d’invasione aliena”, da La guerra dei mondi e L’invasione dei mostri verdi in avanti. Il polpettone di Michael Bay è citato in lungo e in largo nella costruzione dei personaggi: c’è il soldato scapestrato che nella tragedia ritrova se stesso (Alex/Taylor Kitsch, forse il migliore dei manzi da kolossal usciti da Hollywood in questi anni), la sua fidanzata bella-e-brillante (Sam/Brooklyn Decker), l’immancabile fratello maggiore e maestro di vita (Stone/Alexander Skarsgård). Intorno a loro, una galleria di macchiette più o meno secondarie, tra cui spiccano Rihanna e Liam Neeson che si divertono da matti a giocare afare i duri. Rispetto allo standard dei film catastrofici, però, Battleship punta meno sulla retorica e più sulla caciara; non era difficile aspettarselo, visto che parliamo di un film basato su un gioco in scatola. Che nelle mani competenti di Peter Berg diventa la scusa per inscenare una versione extraterrestre di Pearl Harbor: gli alieni atterrano in mezzo al mare delle Hawaii durante una parata militare internazionale, recintano la zona e installano una serie di dispositivi per la comunicazione con il pianeta natìo. Saranno gli americani, per i quali vale sempre il motto «Prima spara poi fai domande», ad attaccare briga, e a dare inizio alla battaglia.

Il secondo e il terzo atto sono così dominati da un tripudio di effetti speciali che farebbero arrossire il succitato Bay: enormi strutture di metallo si contorcono tra le acque salate dell’oceano, mentre Alex e il suo equipaggio si barcamenano tra un’esplosione e una nave che affonda in cerca del segreto per sconfiggere gli invasori. Siamo più dalle parti del film di guerra che dell’avventura apocalittica à-la-Independence Day: nonostante alcune impressionanti scene di massa i set sono quasi sempre limitati a corridoi, ponti e sale comando, la politica viene presto tagliata fuori dai giochi, a venire approfonditi sono i rapporti tra i soldati e temi come la responsabilità personale e la leadership. Senza sacrificare neanche un istante di spettacolo, però: Battleship potrebbe essere il film più fracassone dell’anno, in tutti i sensi – anche quello più letterale, dal momento che la colonna sonora di Steve Jablonski non lascia un attimo di respiro, e le ballate strappalacrime stile Armageddon lasciano il posto ad AC/DC e Creedence. È la più grande qualità del film: l’incapacità di mantenersi serio per più di cinque minuti consecutivi.

Ed è anche il suo limite maggiore: fin dall’inizio è chiaro che le cose finiranno bene per tutti, che ci si divertirà senza piangere troppe lacrime per i (pochi) morti, che la posta in palio è alta sì, ma solo sulla carta. A essere ottimisti si potrebbe definire Battleship “vintage” o “senza tempo”: i punti di contatto con la sci-fi anni ’50 si sprecano (come d’altra parte quelli con il più recente Battlestar Galactica), ma a mancare è il senso d’urgenza e di tragedia imminente che rendeva indimenticabili quei film; manca la scintilla di cui si parlava sopra, insomma. Non che non ci si diverta, tutt’altro: dopo un 2011 che ci ha costretto a film come World Invasion o L’ora nera, Battleship è una ventata d’aria fresca e un ottimo modo per spendere due innocue ore in allegria e uscire dal cinema con il sorriso sulle labbra. Se solo questo sorriso perdurasse più di qualche minuto…

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Mi piace
Gli effetti speciali da urlo. Le scene d’azione ben coreografate e ben girate. Due ore che passano lisce come l’olio.

Non mi piace
Sotto il grande spettacolo visivo rimane poco o nulla.

Consigliato a chi
Ha una grande passione per Coca Cola, popcorn, alieni ed esplosioni.

Voto: 2/5

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