Basato sull’omonimo successo letterario di Alessandro D’Avenia (700 mila copie solo in Italia e pubblicato in circa 20 Paesi), Bianca come il latte, rossa come il sangue segue le vicende di Leo (Filippo Scicchitano), un liceale poco incline allo studio e con la passione per il calcio, che s’innamora perdutamente di Beatrice (Gaia Weiss), una studentessa dell’anno successivo. Ma se all’inizio sono tutte rose e fiori, i sogni di Leo vengono presto infranti quando alla ragazza viene diagnosticata la leucemia. Come il romanzo, anche il film affronta di petto la questione del dolore, interrogando sul senso della vita e della morte senza appesantire la narrazione o cadere in facili pietismi. Difficile prevedere se i fan del romanzo ameranno questo film, o se ne rimarranno delusi. Certo è che, nonostante sia abbastanza fedele al romanzo, la pellicola non si assume la responsabilità di raccontare alcune parti fondamentali presenti nel libro. Una scelta poco convincente, probabilmente studiata a tavolino per paura di calcare troppo la mano sul dolore e sulla malattia, e di non incontrare così i gusti del grande pubblico. Nonostante questi tagli sofferti, che avrebbero invece aiutato a rendere più scorrevole e completa la narrazione, Bianca come il latte, rossa come il sangue potrebbe comunque segnare l’inizio di un nuovo filone di dramedy in grado di dare un nuovo impulso al cinema italiano, composte da attori emergenti e non, e basate su casi letterari di successo.
Dopo l’esordio scoppiettante di Scialla!, Filippo Scicchitano si conferma giovane promessa nei panni di Leo, ben supportato da un’incantevole Aurora Ruffino, qui nelle vesti della sua migliore amica. Luca Argentero convince nel ruolo del carismatico professore del protagonista, ma il suo personaggio cinematografico appare più debole di quello letterario. Forse si sarebbero dovute spendere più energie attorno a questa figura secondaria, particolarmente importante per la maturazione del giovane protagonista. La regia di Giacomo Campiotti riesce a catturare l’essenza spensierata e tormentata del romanzo, anche se non sembra ancora caratterizzata da un’identità propria. Calza a pennello la colonna sonora, tra i cui brani spicca la canzone “Se si potesse non morire” dei Modà, giunta al terzo posto allo scorso Festival di Sanremo.
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Mi piace:
La capacità di far ridere e piangere allo stesso tempo, la delicatezza con cui viene affrontato il tema della malattia e gli interrogativi che emergono sul senso della vita e della morte. Promossi a pieni voti Filippo Scicchitano e Aurora Ruffino.
Non mi piace:
La mancanza di coraggio nell’inserire alcune parti fondamentali presenti nel romanzo di D’Avenia.
Consigliato a chi:
A chi vuole scoprire una toccante dramedy e a chi ha amato il libro di D’Avenia.
Voto: 3/5
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