Big Eyes: la recensione di nancy
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Big Eyes: la recensione di nancy

Big Eyes: la recensione di nancy

Va subito detto che non si tratta di un classico film alla Burton, anzi è il lavoro meno burtoniano di Tim Burton e questo lo sapevo già, ma non mi sarei mai persa un film con protagonista la bella Amy Adams e quel mostro di bravura di Christoph Waltz e ho fatto bene. Non essendo una fan incondizionata del Dark Burton questa svolta al colore (o ritorno al colore considerato Big Fish!) l’ho molto apprezzata, como ho apprezzato il cambio del protagonista (bravo Jhonny per carità, però basta!); altro cambio fondamentale nella colonna sonora, non più affidata solo al solito Elfmna, ma anche a Lana del Rey. Insomma, Burton ce lo urla forte e chiaro fin dalla prima scena che si tratta di qualcosa di nuovo.

Big Eyes racconta la storia della pittrice degli occhi grandi, Margaret Keane, al secolo Ulbrich e di come il suo secondo marito, genio del marketing con velleità artistiche (ma senza doti) sia riuscito ad attribuirsi il merito delle sue opere. Per alcuni anni Margaret accetta senza eccessiva resistenza di lavorare all’ombra del marito, perché in fondo le bugie di Walter Keane sono a fin di bene, lo fa per mantenere la famiglia e ci riesce benissimo, riempendo la moglie soldi; e poi, come lui afferma spesso, una donna non riuscirebbe a vendere così tanto come un uomo!!

Così tra discorsi maschilisti e quasi sicuramente violenze domestiche, occultateci da Burton, passano dieci anni. Il mondo sta cambiando e mentre l’elite dei critici d’arte fatica ad accettare la svolta pop, Walter fa soldi vendendo persino le locandine della sua galleria, milioni di riproduzioni di occhi grandi invadono il mercato prima ancora dell’esplosione di Warhol e i Keane diventano famosissimi.

Ma in questi dieci anni cambia anche Margaret e ogni nuova tela donata al marito-padrone le porta via un pezzo di anima; persino la figlia è tenuta all’oscuro del segreto di famiglia e forse, più del senso di impotenza, più delle aspirazioni frustrate, è proprio questo senso di tradimento nei confronti della figlia a darle la forza per dire no, per lasciare il marito e iniziare una nuova vita. Ma accusare il marito non sarà impresa facile..

Amy Adams porta in scena una perfetta moglie cristiana di fine anni cinquanta, che non si oppone al volere del marito, con una buona fede sconfinata e un modo diverso di vedere il mondo, quasi gotico, a dispetto del mondo sempre più varipinto nel quale vive.

Christoph Waltz si riconferma tra i migliori in circolazione, una performance incredibile, un attore davvero istrionico. Il suo Walter Keane ci fa addirittura simpatia prima di mostrarsi per quel che è.

Se vi aspettate di vedere bambine dai grandi occhi tristi prendere vita e padroneggiare in un film dai toni dark avete sbagliato film, perché questo è il biopic di una storia poco nota e molto interessante. E mentre in rete hanno già lanciato anatemi del tipo “non andate, Tim non è più lo stesso, non c’è il gotico, Burton è finito” a me la svolta di questo regista è piaciuta parecchio! Tim Burton è cambiato, forse si è semplicemente stancato di giocare nei cimiteri o forse è una parentesi della sua vita artistica, ma è una parentesi ben riuscita e dunque ben vengano altri film così! Del resto Burton ha sempre dato vita a personaggi emarginati e anche Margaret lo è, ma questa volta ci ha raccontato la sua storia usando tutta la tavolozza! Più colore Tim, dacci più colore!

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