Big Eyes: la recensione di polebest11
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Big Eyes: la recensione di polebest11

Big Eyes: la recensione di polebest11

Di “Big Eyes” quello che mi ha subito colpito sono state un paio di cose. Subito all’inizio del film ho rivisto un paio di vecchi capolavori del regista statunitense Tim Burton. Tra le prime immagini, ovvero le stampe aventi per soggetto i trovatelli e la cittadina americana da cui la protagonista Margaret scappa con sua figlia mi hanno riportato alla mente “Nightmare before Christmas” (per la musica inziale) e “Edward mani di forbice” per l’ambientazione della soleggiata e tranquilla cittadina della California. Ed un’altra cosa mi è subito balzata all’occhio : i colori. Sgargianti colori, come quello della macchina della protagonista, il suo vestito blu in uno dei primi colloqui di lavoro, ma quelle erano solo due delle miriadi di scene in cui i colori la fanno da protagonista in questo film. Colori vivi, lucenti, che spesso in molte inquadrature rubano la scena perchè immersi in mezzo ad un’ atmosfera un po’ più fredda e austera, oppure sono pienamente protagonisti in altre in cui c’è solo colore acceso e forte. Questo è l’elemento principale che può caratterizzare “Big Eyes” tratto dalla storia di una coppia, quella formata da Walter Kane e sua moglie Margaret, la vera creatrice di quadri fantastici in cui i protagonisti sono dei bambini con degli occhioni così grandi ed inquietanti allo stesso tempo.

La donna, piena di talento per l’arte e la pittura, è un po’ meno preparata nella vita di tutti i giorni, e soprattutto in amore, dove sbaglia un colpo dietro l’altro, a causa del suo lasciarsi coinvolgere troppo da chi le sta di fronte. Figuriamoci se poteva non cadere tra le braccia di uno dei venditori più bravi dell’epoca, un uomo così talentuoso nel trasformare in oro qualsiasi cosa toccasse : Walter Kane. Se lanciate un dollaro in aria difficilmente lui lo farebbe cadere. La loro storia d’amore nn tarda molto a decollare : lui estroverso, abile con le parole e con i gesti, lei ingenua, e sola. Tutto molto facile. Ed una volta sposati Kane si accorge di avere tra lemani non solo una molgie devota e tranquilla, ma una vera miniera d’oro. Il talento di lei diventa la sua arma per scalare il mondo dell’arte, ma in un modo molto molto discutibile.

Ecco l’altro aspetto del film Di Burton, uno dei temi centrali di “Big Eyes” : il talento contro la scaltrezza. Ovvero, chi ha una capacità ma non sa vendersi, e chi invece non sa fare nulla, se non vendere. Aggiungiamoci inoltre che il film e la storia dei coniugi Kane era ambientata in un periodo in cui la donna non aveva ancora raggiunto la sua massima emancipazione (la scena della confessione di Margaret è esemplare in questo), e ci sarà molto facile capire chi dei due diventa più forte. Ma nella vita vince chi sa cogliere l’occasione anche quando non ha nulla in mano o chi sa fare una cosa solo e molto bene ?!

Colpisce dall’inizio con i suoi colori e con le interpretazioni dei due protagonisti l’ultimo lavoro di Tim Burton, in un film che racconta la storia e le controversie della coppia formata da Margaret e Walter Kane, magnificamente interpretati da Amy adams e Christoph Waltz. Bravissimi nel caratterizzare a pieno i loro personaggi, forse più Waltz che la Adams (l’attore austriaco sa rendersi intraprendente, viscido, malvagio e subdolo in una maniera più che egregia nel film). Buona la scenografia che ci riporta nell’ America di quel periodo, a cavallo tra gli anni 50 e 60’, aiutata anche dalle musiche dell’ epoca.
Numerosi sono i richiami ad altri film del passato che ho trovato in questo lungometraggio, oltre alle già citate scene iniziali, altre due sono significative : una rimanda ad una scena di “Psycho”, il capolavoro di Alfred Hitchcock e l’altra (ovviamente non ve le svelo, voglio vedere se le riconoscete) ad un altro capolavoro : “Shining” di Stanley Kubrick.
Inoltre nonostante la pellicola un po’ si discosti dai suoi precedenti lavori, nel film possiamo vedere la simpatia di Burton per coloro che potremmo definire “macchiette” o più fanciullescamente “sfigati” , anche se dotati di grandi passioni. Era stato così per Ed Wood, regista di dubbie capacità ma che credeva molto nei suoi lavori cinematografici, ed è così anche per Margaret, la cui unica differenza con il personaggio allora interpretato da uno dei fedelissimi di Burton , Johnny Deep, è quella di avere un innato talento per quella che è la sua passione. Entrambi però sono due personalità deboli caratterialmente, anche se ogni tanto provano a tirare fuori le unghie, ma non con continuità. La trama va da sè visto che di una storia vera si parla, ed il film scorre molto bene nei suoi 104 minuti di durata. Una pecca ? Forse il dramma di Margaret, talentuosa pittrice troppo succube del marito e dotata di un talento che non poteva mostrare, poteva essere un po’ più sviluppato.

Ottima come già detto l’interpretazione dei due attori, con una Adams che mostra di saper ricoprire diversi ruoli per diverse situazioni quando chiamata in causa, e un Waltz che solo con le sue espressioni vale il prezzo del biglietto. E poi loro, i quadri, quei trovatelli dagli occhi grandi, che notate bene, all’inizio sono sempre dipinti da soli in una singola tela, e sembrano quasi intimiditi di fronte alla sua creatrice e a chi li osserva, ma poi diventano parte del film, e quando sono raggruppati tutti insieme in una delle opere di Margaret (quella scelta per accattivarsi l’Unicef), sembrano più consapevoli e si fanno seri, come se sapessero di come e con quale scopo Walter Kane li abbia diciamo “usati” per raggiungere i suoi scopi.

Nonostante a mio modesto parere Waltz sia un pelo sopra la Adams per ora è lei ad aver strappato un premio importante per questo film, il Golden Globe come miglior attrice in un film commedia/musicale. Peccato solo che l’austriaco non potrà pareggiare il colpo, in quanto il film ed i suoi protagonisti non figurano tra le nominations dei prossimi Academy Awards. Peccato, un bel film capitato in un’annata in cui la concorrenza è molto molto elevata.

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