Il precedente lavoro di Burton, “Frankenweenie” è stato quasi un ritorno alle origini della sua carriera, pieno zeppo di citazioni dei suoi film, e dopo questa sua ennesima parentesi disneiana ecco che il regista californiano torna nelle sale con la sua nuova opera “Big eyes”, la quale rappresenta un’ulteriore crescita del suo percoso cinematografico, film che ad una visione superficiale può sembrare poco adiacente al suo stile e alla suo poetica, quasi un cambio di registro per un’opera per un pubblico più vasto, apprezzabile non ai suoi fans più accaniti, ma per chi conosce davvero Burton e la sua poetica questo suo nuovo film ha molto del timbro burtoniano. Il regista non si smentisce mai, e questa è la conferma della grande sua versatilità, un film capace di toccare il suo pubblico nel profondo, uno dei suoi lavori meglio riusciti.
Margaret (Amy Adams) è una donna separata dal marito con una figlia, che si diletta a dipingere bambini dai grandi occhi, appena trasferitasi a San Francisco, e sarà lì che incontrerà il suo secondo marito, Walter Keane (Christoph Waltz), uomo che anche lui si diletta con la pittura, il quale sembrerebbe la persona pronta a salvare Margaret dalla situazione difficile in cui si ritrova. Una volta sposati la donna inizia a firmare i quadri col cognome Keane, e il marito inizia ben presto a vendere i ritratti della moglie spacciandogli per propri, dando vita ad un fenomeno di massa, riuscendo, con la sua grande maestria nel marketing, a ricavare grandi profitti. Ma per Margaret i suoi quadri sono parte di lei, e cercherà di rivendicarne la paternità, combattendo contro la personalità violenta e dominante del marito.
Basta guardare l’equipe di cui Burton si circonda anche in questo film per individuare la sua impronta, Atwood ai costumi, Elfman alle musiche, o anche i due sceneggiatori (gli stessi di “Ed Wood), e anche in questo film l’aspetto tecnico è impeccabile, trucco, costumi, scenografie, fotografia sono tutti curati nei minimi dettagli, capaci di ricostruire l’ambiente anni ’60, ma anche il resto non è da meno. La sceneggiatura regala sequenze da grande impatto, coinvolge sin dall’inizio, che caratterizza bene i personaggi, rendendo interesssante la visione. La figura dell’artista, l’arte e il suo significato per il suo creatore e per il pubblico, sono questi i temi principali del film. Ottima cone sempre la regia, favolosi i due protagonisti principali: Amy Adams nel ruolo della sua carriera, capace di dare vita ad una figura tipicamente burtoniana e ai suoi denomi interiori, affincata da un sempre ottimo Christoph Waltz, perfetto nel suo ruolo odioso, capace di rendere la sua malvagità alla perfezione, dando una certa teatralità al personaggio che alza notevolmente il livello della sua interpretazione. Menzione speciale per le due bellissime soundtrack eseguite da Lana Del Rey capaci di rispecchiare i sentimenti della sua protagonista. Questo nuovo film del geniale Burton entra tra le sue opere migliori, che non deluderà nessuno.
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