“Birdman – O l’imprevedibile virtù dell’ignoranza” è un film sui conflitti e sulle (sbagliate) interpretazioni: talento e fama, arte e business, uomo e immagine, amore e ammirazione. Il protagonista è un attore che ha subito appieno l’effetto ammaliante ma effimero della celebrità, non arrivando più a orientarsi tra le varie differenze di significato di questi termini. Arrivato alla soglia dei sessant’anni, deve prendere atto che la sua vita è stata tutta un continuo equivoco. La popolarità non implica la bravura. E il mondo continua a dirglielo: lui è Birdman, non un attore.
Il regista Iñárritu realizza un’inusuale commedia grottesca girata quasi completamente in piano sequenza, il che dona un tocco iperrealista e predispone gli attori a un registro recitativo di stampo teatrale. Le performance ne risultano avvantaggiate e va applaudito l’eccellente cast. Menzione speciale a Edward Norton, Emma Stone e, ovviamente, a Michael Keaton, che qui ci regala l’interpretazione della carriera.
Tutto il film è imperniato di un sarcasmo divertente e tagliente che prende di mira lo show business. Sotto è tutto irrimediabilmente marcio e l’arte non è più nemmeno mezzo per far soldi. L’arte è accessorio per soddisfare il proprio ego. Non bisogna saper recitare, bisogna essere condivisi sui social network. Se muori sullo stesso aereo di George Clooney, tu devi essere la faccia in prima pagina.
Inoltre, e qui il titolo è già rivelatorio, vengono presi di mira i film di supereroi condannando la massa che regala i successi al box office a questi film considerati, a buona ragione, cultura di bassa lega. Ma Iñárritu punta il dito anche sulla critica più snob, colpevole di aver preso troppo le distanze dal gusto popolare restando intrappolata nei propri preconcetti.
Il risultato finale è un’opera capace di far sorridere amaro mostrandoci ciò che siamo diventati. Una società superficialmente avanzata che nasconde però un’irrimediabile vuotezza nei principi e nella cultura. Fondamentalmente, siamo tutti ignoranti.