Borg McEnroe: la recensione di kimbeveff
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Borg McEnroe: la recensione di kimbeveff

Borg McEnroe: la recensione di kimbeveff

Mc Enroe vs Borg, brontolante vs le sembianze del cristo del tennis pronto a crocifiggere l’avversario col soito
fondocampo attirando a rete l’avversario per punirlo col passo lungo linea attendendo il finale degli stolti, l’insidacabile
gesto di genuflessione a ringraziamento e i saluti della folla sbigottita per la sua immotivata altezzosità,
nei confronti della collaborazione inesistente secondo il fenomeno. Comunque
poi sembra arrivò l’evento del racchettone d’alluminio
proponendo il nuovo tennis con quegli 8 mila fulminei tiri
sbaragliando i due piccioncini del tennis e che li
fece sembrare Panatt al tortellone pronto, e il fievole Petrangel in dileguazione dal palcoscensico del campo,
coi loro racchettini di legno, la racchettina di legno di quei discutibili match,
furibondi anchilosati sembra assistere al grido di vendetta ignobile del progresso,
e alla rassegna della pseudonazionalserietà di Buster Keaton. Rimangono però
quei Wimbledon vinti da seduto e comodo in poltrona per modo di dire, con
l’avversario furibondo sfinito da quel fondocampo roboteo
e che Mat Vilander svilì anch’egli fino alla scomparsa delle sue azioni sportive, inimitando;
vs vitalio e pro vitalio loro nonchè forse di rimpiatto negli spogliatoi pensando alle
loro di pensioni; quelle altrettante del mito di Borg, e quello stile paventante e parvente anche se non così di grido.

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