Complici le ben 6 nomination ricevute per gli Oscar 2015, è tornato nelle sale italiane Boyhood, l’acclamato film-esperimento di Richard Linklater. Anche se bisogna fare una precisazione; acclamato, sì, ma con un certo ritardo, almeno per quanto riguarda l’Italia, dove la distribuzione l’ha quasi totalmente snobbato lo scorso ottobre (ma guarda, non ce lo aspettavamo proprio!).
Linklater, che vanta già una trilogia filmica in cui ad accompagnare la storia d’amore dei due protagonisti è il tempo, ha deciso con questo film di rendere il tempo l’elemento fondante di questa storia, il tempo che ci vede cambiare, per questo il protagonista di Boyhood è un bambino, anzi, la protagonista di questa storia è la crescita di un bambino!
L’ho visto diverso tempo fa e ci ho messo alcuni giorni per capire se e quanto mi fosse piaciuto e ci sto mettendo ancora di più per scriverne. La verità è che questo film è quasi un capolavoro nella sua originalità, ed ora vi spiegherò il perché.
Era il 2002 quando Linklater scelse un bimbo di 6 anni, Ellar Coltrane, per il ruolo da protagonista di quello che sarebbe diventato il film più lungo della storia del cinema, Boyhood appunto. Perché il più lungo? Perchè per girare i suoi 165 minuti ci sono voluti la bellezza di 12 anni, dal 2002 al 2013!! Che cosa avrà mai dovuto raccontarci Linklater per esserci voluti tutti questi anni? Di primo impatto mi verrebbe da rispondervi NIENTE. Allora perché mi è piaciuto? Perché rispondendo alla domanda con più calma, e dopo aver riflettuto sull’insieme, sui mille racconti contenuti in questa storia la risposta diventa la VITA. Linklater ci racconta la vita, e per questo fondamentale motivo non si può non amare Boyhood.
Come dicevo prima, quello di Boyhood è un esperimento, il racconto più verosimile possibile del passaggio dall’infanzia all’adolescienza fino all’inizio della vita adulta di Mason, ma in realtà potrebbe essere anche il vostro passaggio! Per renderlo così veriterio, tanto da emozionarci nel profondo con una semplicità quasi disarmante, Linklater si è preso i suoi ben 12 anni, assicurandosi che il cast non si sarebbe tirato indietro (forse per questo ha inserito nel cast anche la figlia, Lorelei Linklater nel ruolo della sorella di Mason), perché oltre a Coltrene che interpreta il piccolo Mason, con lui crescono e maturano anche la madre, Patricia Arquette, e l’attore feticcio di Linklater, Ethan Hawke, nel ruolo dell’anticonformista padre, avvicinandoci alla famigla di Mason in un modo assolutamente naturale.
Non so a che punto della sua crescita io abbia iniziato a voler bene a Mason, ma ad un certo punto è successo, io sono entrata in totale empatia con quel ragazzetto spaventato dai mariti della madre e legatissimo ad un padre spesso assente.
Sebbene io non abbia apprezzato molto la figura della madre, penalizzata (a mio avviso) da una Arquette non perfetta (sono l’unica a pensarla così, ma davvero non mi è piaciuta), la figura paterna è uno dei punti forti di questo film. Hawke interpreta un uomo che fatica a crescere al momento giusto, ma si ritrova a crescere insieme al figlio divenendo suo amico; sebbene non sia riuscito a costruire una famiglia con la madre di Mason, scengliendo una vita più libera, dedita alla musica e senza convenzioni di sorta, diventa adulto con Mason, trovando una sua stabilità e mettendo su una famiglia dallo stampo borghese, famiglia che ci regala anche uno spaccato spietato dell’America dell’ultimo decennio.boyhood
Linklater è stato geniale anche in questo, perché noi non vediamo solo Mason che evolve, noi vediamo, attraverso i suoi occhi, anche l’evolversi dell’America su più livelli. Ci sono Britney Spears e i Coldplay, ci sono Obama e Bush, ci sono Bibbie e fucili. Pensate se un film del genere fosse stato girato in Italia, pensate bene, agli ultimi dodici anni di questa nazione e poi cercate di capire come li avrebbe raccontati lo sguardo di un ragazzino nato nel’95 o giù di lì!
Boyhood è un viaggio immenso, e se forse alcune parti di questo viaggio vi annoieranno o vi sembreranno banali, questo viaggio è la vita, è la normalità, la quotidianeità, che è fatta, ahimé, anche di noie e brutture.
Voi definireste la vostra adolescenza banale?
Voto: 8,5/10
P.S. Piccola curiosità: il film si sarebbe dovuto chiamare 12 years, ma Linklater è stato preceduto da un certo Steve McQueen…
Curiosità nuemero 2: Ellar Coltrane sta cercando davvero di diventare un fotografo!
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