A Gaeta nei primi anni ’80, quattro donne, armate di pistola e bigodini, provano a cambiare il corso della propria vita. Anna (Ambra Angiolini) è sola, con due figli da mantenere e nessun lavoro stabile. Maria (Serena Rossi) è devota alla Vergine Maria ed è vittima di un marito violento. Chicca (Ilenia Pastorelli) e Caterina (Silvia D’Amico), sorelle di indole opposta, sognano un futuro migliore. Col coraggio di chi ha poco da perdere, insieme decidono di svaligiare una banca travestite da uomini. La rapina, su cui è chiamato ad indagare un commissario venuto da Torino (Luca Argentero), darà inizio a un vortice di eventi spericolati destinato a stravolgere il loro destino.
Brave ragazze, seconda prova dietro la macchina da presa della regista Michela Andreozzi dopo Nove lune e mezza, è un esempio di commedia italiana che prova a costruire un immaginario coerente e preciso intorno ai propri personaggi, rinnegando più che in parte sciatteria e bozzetti per provare a dare spessore e tridimensionalità alle donne che racconta. Non è certo un Ocean’s 8 all’italiana, perché le protagoniste e loro esistenze subalterne agli uomini di turno hanno ben poco di glamour, ma indubbiamente si tratta di un heist movie (ovvero un film sulle rapine) e quest’ulteriore spunto di genere è un motore da non trascurare.
Brave ragazze s’inspira infatti a un fatto di cronaca realmente accaduto in Francia negli anni ’80, che ha portato le reali rapinatrici a essere definite “le Amazzoni della Vaucluse”. Ci sono dunque anche il décor e le atmosfere di quel decennio, pennellate per rapidi cenni ma assolutamente plausibili nella loro freschezza sporcata all’occorrenza, ma in modo nient’affatto manipolatorio, di disagio sociale ed emarginazione. Le quattro attrici, dal canto loro, sono diversissime e complementari, a riprova del bisogno della Andreozzi, anche autrice della sceneggiatura insieme ad Alberto Manni, di colorare dei caratteri, di giocare con le tonalità e di venare la brillantezza, quando necessario, di risvolti più dolorosi e malinconici.
Il tutto all’interno di un film femminista e popolare, che fonde il giallo e l’action, con un andamento limpidissimo e divertente, gustoso e ritmato. La risolutezza ambigua di Anna, le vessazioni di Maria subite per mano di un marito orco e padrone padrone (Max Vado, marito della Andreozzi, che l’autrice si è cimentata in maniera liberatoria a tramutare in una figura corpulenta e mostruosa), l’irruenza di Chicca e la balbuzie tentennante di Caterina sono contrassegni che delineano, se messi uno accanto all’altro, un’idea di femminilità a tutto tondo, caratterizzata da una coralità che tenta, e spesso ci riesce, di fare degli stereotipi di partenza degli archetipi ad alto tasso di rappresentatività.
Girato e ambientato a Gaeta, città del basso Lazio in cui la Andreozzi, romana, ha trascorso l’infanzia, e con nel cast anche Stefania Sandrelli e Max Tortora nei panni di un prete canterino (Don Backy!), Brave ragazze ci regala anche una delle più efficaci prove d’attore di Luca Argentero, perfettamente credibile negli abiti stretti e nei baffi alla Tom Selleck di Magnum P.I. del commissario omonimo di Gianni Morandi che si ritrova a indagare sul caso. Il suo approccio al ruolo è un misto di inceppamenti e goffaggine monolitica che l’attore riesce a prendere sulle sue spalle con buoni tempi comici (non di rado spiazzanti e curiosi), facendo del suo personaggio, torinese come lui, un prototipo di mascolinità fragile e irrisolta che ben si presta a fare da contrappeso alla polifonia sgargiante della sua controparte femminile.
A riprova del pepato e rutilante gusto per il dettaglio che anima tutto il film, la Andreozzi, che anni fa aveva condotto un programma radiofonico omonimo del film, si ritaglia anche un cameo nei panni di Franca, segretaria dallo straniante accento veneto che affianca proprio Morandi in commissariato.
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