CAPITAN HARLOCK
Voto 6/7
In un lontano futuro – o in un altrettanto remoto passato, citando l’incipit della pellicola – la Terra è un miraggio per i miliardi di essere umani profughi sparsi nell’universo e ad un passo dall’estinzione nelle colonie aride e morenti. La ‘Gaia Sanction’ difende l’inviolabilità della patria natìa, ma ormai corrotta dal suo stesso potere vive nel proprio status di casta, in una sorta di dittatura planetaria.
Ma la speranza per il genere umano vive ancora nella figura di un uomo, leggendario e misterioso: Capitan Harlock, pirata spaziale, imperversa con la sua ciurma a bordo della nave Arcadia, mantenendo accesi gli ultimi bagliori di fiducia: come nel giovanissimo Yama, reclutato dall’equipaggio dell’Arcadia in cerca di libertà, in realtà custode di un segreto…
Cinque anni di lavorazione, trenta milioni di dollari il budget a disposizione del regista Shinji Haramaki e presentato fuori concorso all’ultima Mostra del cinema di Venezia, ‘Capitan Harlock’ si presenta fin dalle prime sequenze per quello che è: un innegabile gioiello di computer grafica, incredibilmente fluido e iperrealistico tanto nell’imponenza dell’Arcadia o della ‘Gaia Fleet’, quanto nei maniacali dettagli della realizzazione dei personaggi.
Certo, questo non basta: la trama scorre bene, ma è diluita in una eccessiva lunghezza e presenta alcuni guizzi poco approfonditi e strutturati (ad esempio: perché Yama cambia continuamente idea sulla sua missione? Da dove esercita il proprio potere la ‘Gaia Sanction’? Perché l’ultima discendente dei Nibelunghi sembra debba sacrificarsi per liberare la Dark Matter dei motori dell’Arcadia e invece dopo poche scene si rigenera?).
Probabilmente i puristi di Harlock storceranno un po’ il naso di fronte ad una pellicola (che comunque si professa ‘liberamente ispirata’ al manga di Leiji Matsumoto) estremamente dark, dove il protagonista perde molti dei suoi tratti originari per diventare un antieroe tormentato e taciturno, divorato dal senso di colpa e totalmente disilluso, ma sopratutto un protagonista che viene molto ben scalzato dai comprimari, in primis il triangolo costruito dalla giovane Nami e i due fratelli rivali Yama ed Izra, con Harlock quasi ‘spalla’ dello stesso film cui da il nome.
Un buon film incastonato in un gioiello di tecnica di animazione, in conclusione, pane per gli appassionati del genere ma, a voler grattare la superficie metaforica dell’intera pellicola, portatore di un messaggio ecologista non da poco: nell’immagine della Terra devastata dalla Dark Matter è possibile leggere l’annoso problema di un pianeta che l’uomo sta sfruttando in maniera incontrollata, inquinandolo e inquinandosi. Una auto distruzione così poco fantascientifica da inquietare: a voler ricordare, insomma, che la minaccia peggiore per l’uomo è proprio l’uomo stesso.
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