Captain America: Il primo vendicatore: la recensione di Luca Ferrari
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Captain America: Il primo vendicatore: la recensione di Luca Ferrari

Captain America: Il primo vendicatore: la recensione di Luca Ferrari

Non arrendersi mai. Per essere un vero eroe serve solo questo: non arrendersi mai, parola del primo vendicatore Captain America (2011). Il giovane Steve Rogers (Chris Evans) vorrebbe arruolarsi nell’esercito e fare la sua parte nella II Guerra Mondiale, ma ha un fisico gracile e alle visite di arruolamento viene ripetutamente scartato. Non di meno nella vita privata è spesso vittima di grossi spacconi che lo malmenano, ma lui è sempre pronto a rialzarsi. Li sbeffeggia anche dopo essere stato colpito, perché “se cominci a scappare, non ti fermi più” ripete. Vuole una possibilità per dimostrare alla sua patria il proprio valore. Cerca un’unica occasione. La troverà. Un progetto top secret guidato dal dott. Abraham Erskine (un barbuto Stanley Tucci) lo trasforma in un super uomo per sgominare un’associazione malvagia, ancora peggiore dell’esercito nazista con cui gli Stati Uniti sono in lotta. È l’HYDRA, capitanata da Johann Schmidt/Red Skull (Hugo Weaving). Steve adesso è un trionfo di muscoli e vigore. Ma è solo l’esterno. Quello che ha dentro resta intatto. Un uomo che conosce il valore della forza e della comprensione. Lo scienziato intanto viene ucciso da una spia tedesca, e del fantomatico esercito americano di super soldati rimane solo lui. Molto hollywoodianamente verrà quindi utilizzato come fenomeno da baraccone col nome di Captain America per attirare la gente a entrare nell’esercito. La farsa va avanti fino a quando non scopre che l’amico fraterno Bucky è dato per disperso nelle peggiori retrovie del nemico. Con l’aiuto del geniale ingegnere Howard Stark e la soldatessa Peggy Carter si fa paracadutare nella zona calda e inizia il suo viaggio di liberazione. Captain America comincia la sua vera missione eroica. Insieme a un fidato gruppo di soldati sgominano tutte le basi segrete dell’Hydra fino allo scontro finale in cielo, con qualche incursione alla “Sky Captain & The World of Tomorrow” (2004), e la scena del gigantesco aereo/astronave in caduta libera verso New York che non può non far tornare in mente il dramma dell’11 settembre. Ma nella pellicola diretta dal veterano Joe Johnston, non c’è spazio per i nazionalismi. La bandiera sullo scudo è quella americana, certo. Ma potrebbe essere quella di qualunque altra nazione in lotta per la sopravvivenza. Invece che Capitan America, potrebbe essere Capitan Giustizia. Perché ci sono doveri che nascono dentro e a cui si può solo rispondere, presente. Capitan America è l’erede della tradizione più umanamente valorosa, dove oltre alla nostra vita esiste qualcosa che dobbiamo compiere. Qualcosa che ci appartiene per torto (Eric Draven – The Crow), per eredità (Clark Kent – Superman) o per scelta consapevole (Peter Parker – Spiderman). Quello che conta è non arrendersi mai. Per salvare il mondo o annientare una minaccia serve solo ribellarsi. Che sia l’esercito nazista, un capo opprimente o qualcuno che non ha rispetto, quello che conta è non arrendersi mai.

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