“La vita di ogni uomo è una favola scritta da Dio”-Hans Christian Andersen.
Potrebbe apparire alquanto complicato scrivere su di una storia nata per esser letta e, solo in seguito, inevitabilmente destinata ad essere trasposta sul grande schermo, assumendo la multiforme sembianza di un classico d’animazione o di un’autentica pellicola cinematografica. Ostico sì, perché forse sono esattamente le storie più semplici, lette, rilette e trasformate, condite con le più così gustose salse tanto da non conoscere più qual altro possibile ingrediente segreto aggiungere per renderle memorabili, che finiscono, fatalmente, per sconfinare nella banalità e nella prevedibilità. Ancora maggiore il rischio se la storia a cui faccio riferimento è la favola di Cenerentola. Eccoci. Mi immagino già lamentosi, rantolosi ed isterici versi gutturali di fondo provenire da un folto groviglio di persone, sì, voi sapete chi siete, non provate a negarlo, miscredenti, apatici ed indolenti. Potreste credere che sia del tutto una perdita di tempo impiegare anche solo altri cinque minuti per leggere questa ingenua recensione, redatta da un’ingenua ragazza e destinata ad una folla di ingenui. Bene. Liberi di smettere di farlo. Ma non dite che un filino di curiosità non l’ho ingenerato nei vostri glaciali cuoricini traboccanti indifferenza. Ora, ognuno di noi conosce il classico racconto, nato dalla penna di Perrault, poi rimodulato dai fratelli Grimm, ed, infine, plasmato fantasticamente dalla casa cinematografica Disney, la fabbrica dei sogni, che ne ha fatto il classico d’animazione più osannato dai tempi di Walt Disney e del suo fedele amico Mickey Mouse. Di tempo ne è trascorso da quel lontano 1950. Nell’anno presente 2015 è stato il pluriacclamato regista britannico Kenneth Branagh ad assumere le redini di questo nuovo progetto, da lui pensato per divenire un’inestimabile opera d’arte, un capolavoro di suoni, di luci, di colori, cucito fin nei più piccoli particolari, per appassionare e far sognare gli occhi dello spettatore. Ad indossare i vestiti scintillanti ed abbaglianti di Cenerentola e del suo Principe Azzurro, questa volta, sono apparsi due attori in ascesa, l’eterea Lily Collins(Dowton Abbey) e lo scozzese Richard(Robb Stark)Madden, reduce da un assassinio architettato nello scenario de Il Trono di Spade. Una matrigna di spicco non poteva mancare, la carismatica Cate Blanchett, infima e crudele, una malvagità perpetrata con gli anni e forgiata da un’intima sofferenza, a rimarcare che nessun uomo o donna nascono dal male, ma dal male, poi, vengono cresciuti e sopraffatti. E chi rimane, direte voi. Beh, colei che rende il sogno di Cenerentola realtà, la Fata madrina. Un’incantevole e prodigiosa Helena “Smemorina” Bonham Carter, incantevole nei suoi riccioli bianchi, il trucco sfavillante e l’abito maestoso.
Ultimate le presentazioni, proviamo a scaldare i cuori dei più insensibili. No, non preoccupatevi non mi prodigherò in una versione letteraria de “I sogni son desideri” e “Bidibibodibibu”. Vi siete mai soffermati a riflettere su chi, o meglio, su cosa, si celi dietro questi fantasiosi personaggi? Sono realmente il frutto di una schiera di sciocchi sognatori, che hanno dato corpo, voce ed anima ad una normale ragazza, rimasta orfana, cresciuta come una sguattera, ma, ciononostante, dal cuore ed animo gentili, una cortesia, una fede ed un amore da cui è stata, poi, ripagata, premiata con una vita satura di felicità? Chiamateli pure stolti, ma adoro questa aggettivazione se rapportata a persone che credono ancora nei sentimenti, nei veri valori della vita, da quelli soltanto che la rendono meravigliosa e degna di essere vissuta. I sogni sono parte della nostra essenza, siamo esseri umani, sono ciò che bramiamo di più, ciò che ci spinge a combattere, a lottare per raggiungerli. Certamente, a patto di essere dei veri combattenti. Ma per essere tali, dobbiamo avere un obiettivo, uno scopo, sapere cosa desidera il nostro cuore e la nostra mente. Solo quando cuore e mente si stringono insieme a formare un nodo indistricabile, solo allora avremo il chiaro segnale che quella che stiamo percorrendo è la direzione giusta. Non sarebbe opportuno far parlare soltanto il nostro cuore, non vi sembra, a volte può apparire confuso, fragile, incapace di “pensare razionalmente”. Non che la mente sia in una posizione migliore, intendiamoci. Pensiamo a quando la sovraccarichiamo di mille quesiti, domande, risposte(che, peraltro, siamo sinceri, ci conferiamo da soli), poverina; il più delle volte, c’è una sola possibile risposta e la troviamo dinanzi a noi, perché, forse, guardiamo, ma in realtà non vediamo assolutamente nulla. Non esiste peggior cieco di chi non vuol vedere. Ma esistono diversi modi di vedere. Ma la domanda è: sappiamo davvero cosa desideriamo? Alcuni sono assolutamente fermi nelle loro decisioni, chiamateli pure i più fortunati; poi ci sono quelli che, invece, erigono labirinti mentali, così intricati da rimanere loro stessi aggrovigliati nelle maglie intessute dalle loro stesse menti. Ma esiste sempre qualcosa che ci aiuta a districarci, costantemente, è solo che rifiutiamo di vederlo, spinti e soverchiati dalla paura. Paura di cosa? La più potente che possa esistere, la paura di amare, di provare ed assaporare la felicità, di impegnarsi, temendo che l’incantesimo possa spezzarsi istantaneamente ed irreparabilmente, lasciandoci, così, vuoti, insipidi. Ma non è forse questa la vita? Rischiare per ciò a cui più teniamo, indipendentemente dalle conseguenze. Cosa saremmo altrimenti? “Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”, scriveva Shakespeare. Direte voi, che razza di termine di paragone, uno scrittore che scriveva commedie seguite da terribili tragedie. Vero. Però non proviamo a negare che leggendo simili parole, una forza non cresca in noi, il coraggio di tentare, di vivere, di inseguire quel qualcosa che solo noi custodiamo e proteggiamo, per farlo divenire parte di noi. Avete timore che l’incantesimo si frantumi e non possa durare per sempre? Ma a chi interessa. Che l’incantesimo duri una vita intera, oppure solo un giorno o qualche ora, ma l’avrete ottenuto, in quel lasso di tempo vi sarete sentiti completi ed appagati dal vostro sogno, un sogno tramutatosi in realtà. E per quanto riguarda le Fate madrine, esistono eccome, in forme che a noi non è dato neppur immaginare, e si manifestano nei momenti più impensati, in quelli a cui teniamo di più, in cui più confidiamo, che segnano i traguardi della nostra vita. E’ esattamente lì che fanno la loro comparsa, assumono l’aspetto di una persona, o chissà, di un oggetto, ci permettono di sognare, di essere felici, anche se solo per un giorno, ci infondono la fede che qualcosa di meraviglioso può sempre accadere, anche quando non ci speriamo più, quando ci arrendiamo e non vediamo più la luce che ci aiuti a proseguire il nostro cammino. Ed anche quell’unico giorno sarà valso tutti i dubbi, la tristezza e la sofferenza che potrebbero mai seguire. Pertanto, ciò che Cenerentola intende insegnarci non è la disperata ricerca della nostra anima gemella, confidiamocelo, nessuno perderà la scarpetta e di certo non approderà, improvvisamente, il Principe Azzurro che ce la restituirà. Ma possiamo pur sempre crearci la nostra favola, possiamo far in modo che si avveri, con la tenacia e la forza di credere in noi stessi, lasciando da parte quelle incostanti paure che servono solo ad ostacolarci. E ricordate, anche se poi la carrozza dovesse ritramutarsi in zucca e la persona che avevate vicino non esiste più, ricordatelo sempre, il sogno sarà, ad ogni modo, diventato realtà. Nessun rancore o rammarico per quanto perduto. Semplicemente un’inestimabile e profonda gratitudine per quella Fata madrina, quell’angelo, simbolo della nostra fede, che ha creduto in noi, regalandoci il dono più grande.