Max (Jean-Pierre Bacri), Guy (Jean-Paul Rouge) e James (Gilles Lelouche) sono rispettivamente un responsabile del catering matrimoniale, un fotografo e un cantante. L’ultima sfida in ordine di tempo per il primo, wedding planner ormai navigato, sono delle nozze in un giardino del XVII secolo. Gli sposi, Pierre ed Héléna, sono però decisamente sui generis e intorno a loro gravita un gran numero di personaggi insoliti e spiazzanti, sopra le righe e talvolta perfino grotteschi. Inutile dire che le cose non prenderanno la piega sperata…
Eric Toledano e Olivier Nakache sono dei piccoli grandi Re Mida del cinema francese contemporaneo, dei registi che con la storia d’amicizia Quasi amici (2011) avevano toccato le corde di un pubblico larghissimo. Sono dei cineasti guidati dal piacere trascinante della solarità, degli autori a misura di buonumore, che non si smentiscono nemmeno nella loro ultima farsa dai connotati caustici e spassosi, C’est la vie – Prendila come viene, passata alla Festa del cinema di Roma in anteprima dopo aver convinto, come di consueto, ai botteghini francesi.
Un film che, a una facile e frettolosa lettura, potrebbe essere scambiato per l’ennesima sarabanda di equivoci con i fiori d’arancio sullo sfondo (gli esempi precedenti, da Quattro matrimoni a un funerale a Funeral Party, sono numerosi, illustri, talvolta perfino insuperati), ma che sotto la superficie spassosa nasconde una cattiveria sanamente coinvolgente, pirotecnica e corrosiva, piuttosto sferzante e scorretta al di là (e al di sotto) delle sornione apparenze.
Sono dei registi fortemente di scrittura, Toledano e Nakache, a loro agio con la coralità più estrema (film come Primi amori, primi vizi, primi baci e Troppo amici), ma in questo caso hanno decisamente alzato il tiro, sia rispetto alla scaltrezza sentimentale di Quasi amici, il loro apice commerciale, sia rispetto al divertente e divertito livello medio del loro cinema. Stavolta la sceneggiatura è infatti, oltre che un congegno a orologeria di singolare efficacia, uno studio caratteriale che non rinuncia alla parodia, allo sberleffo sociale, all’amarezza, un po’ buffa e un po’ goffa, di gesti e situazioni.
Se i registi l’avevano concepita come un’evasione tutta francese, personale ma anche collettiva, dal clima opprimente post-Bataclan, la sfida può dirsi riuscita, perché C’est la vie è a conti fatti il racconto minuzioso di una catastrofe dalla quale ci si rialza col sorriso e nella quale quasi tutte le azioni tradiscono un senso di disagio più profondo di quel che si potrebbe pensare. I registi, dal canto loro, sono abilissimi nel cavalcare anche il bozzetto e la caricatura, per dare alla loro girandola di equivoci e di colpi di scena una piacevolezza venata di sottile, strisciante disperazione.
Mi piace: la sceneggiatura pirotecnica, che non ha un attimo di tregua e in cui ne succedono di tutti i colori
Non mi piace: alcuni giochini insistiti che di tanto in tanto mostrano la corda, molti dei quali però riusciti e sensati
Consigliato a: i fan delle commedie matrimoniali e del cinema francese più esplosivo e raffinato
Voto: 3/5
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