Chiamami col tuo nome: la recensione di aleotto83
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Chiamami col tuo nome: la recensione di aleotto83

Chiamami col tuo nome: la recensione di aleotto83

Estate 1983, in un’antica villa di campagna nei pressi di Crema, le giornate del diciassettenne Elio passano lunghe e monotone fino all’arrivo dello studente americano Oliver, ospite del padre professore, che porterà aria di cambiamento nella piccola realtà idilliaca e soprattutto nell’esistenza del ragazzino.

“Chiamami Col Tuo Nome” è una pellicola che racchiude in sé gli elementi per poter diventare il caso cinematografico dell’anno.
Da noi esce solo adesso, sarà in sala il prossimo 25 gennaio, ma all’estero ha già incantato il pubblico del Festival di Berlino fin da febbraio, con l’uscita al cinema negli Stati Uniti e nei principali paesi europei dallo scorso ottobre in poi.
Secondo il grande regista spagnolo Pedro Almodovar è il miglior film del 2017, può già contare su numerosi riconoscimenti artistici e possiamo prevedere che otterrà numerose candidature agli Oscar.

Il film è tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman, pubblicato per la prima volta nel 2007, ma adattato per lo schermo da James Ivory, regista classe 1928 noto per aver diretto film come “Maurice”, “Casa Howard” e “Quel Che Resta del Giorno”, quindi sensibilissimo su tematiche ed ambientazioni, che avrebbe voluto anche dirigerlo ma che ha dovuto rinunciare a causa della propria età avanzata.

Il progetto è quindi passato nelle mani del regista italiano Luca Guadagnino, che ne ha fatto il terzo film, dopo “Io Sono l’Amore” e “A Bigger Splash”, di una propria ideale trilogia sul desiderio.
Guadagnino, grazie alle pellicole appena citate, si può considerare un orgoglio nazionale quasi sconosciuto in patria, infatti le produzioni in cui lavora sono quasi sempre internazionali e con attori stranieri, anche se spesso sono ambientate nel nostro paese, proprio come il remake di “Suspiria” di Dario Argento a cui si sta attualmente dedicando.
L’unico scheletro nell’armadio del regista palermitano, che dobbiamo ricordare per onestà intellettuale, è l’adattamento cinematografico del “fenomeno” letterario di qualche anno fa Melissa P. “Cento Colpi di Spazzola”, ogni ulteriore commento risulterebbe superfluo come il film stesso.

Accostandoci invece a “Chiamami Col Tuo Nome”, non possiamo non notare da subito la ricercata bellezza che permea ogni inquadratura, fin dalla sequenza dei titoli di testa che intervalla foto di statue greche, come quelle ripescate nel Lago di Garda in una scena successiva, e ingialliti oggetti di uso comune negli anni Ottanta.

Il casolare nel nord Italia in cui è ambientata la vicenda è di proprietà del padre di Elio, un professore americano di belle arti di religione ebraica, e della madre, una traduttrice di origine francese.
Il milieu culturale dell’adolescente, che approfitta delle vacanze estive per trascrivere musica classica, è molto raffinato e decisamente distaccato dalle vicissitudini dell’Italietta dei primi anni ’80, qui rappresentata dai discorsi su Craxi ed il Pentapartito, dalla satira del comico Beppe Grillo visto di sfuggita in televisione e da un’immagine del duce che fa pronunciare ai protagonisti un perentorio “That’s Italy!” e vergognare lo spettatore nato in quella piccola nazione proprio quell’anno.
Rispetto al romanzo, che ambientava la storia nel 1987 a Bordighera e nella riviera ligure circostante, lo spostamento a Crema e dintorni è una licenza voluta dal regista, che ha permesso di includere nella pellicola anche paesaggi suggestivi come il lago di Garda, le vie del centro storico di Bergamo e le splendide cascate del Serio.

E’ importante abituarsi all’ambiente in cui si muovono Elio ed Oliver perché esso, attraverso il ritmo lento delle letture, delle sonate al piano e dei giri in bicicletta tra campagne assolate ed acquitrini, contribuisce al coinvolgimento dello spettatore nell’evoluzione del loro rapporto.

I due protagonisti sono due ragazzi molto diversi l’uno dall’altro e, almeno all’inizio, sembrano non starsi nemmeno troppo simpatici: Oliver è il classico ragazzone americano tutto di un pezzo, apparentemente distaccato e sicuro di sé mentre Elio è ancora piccolo e, dietro la sfacciataggine di superficie, è introverso e sensibile.
L’educazione sentimentale del ragazzino, già straordinariamente saggio nella propria solitudine interiore, prende quindi il sopravvento sul resto dei personaggi e della trama e l’interprete di Elio, il giovane Timothée Chalamet, ruba la scena per non restituirla più!

Sappiamo già quanto il coprotagonista Armie Hammer possa essere bravo ed intenso, lo abbiamo apprezzato fin dai tempi di “The Social Network”, “J.Edgar” e “Mine”, ma la vera rivelazione di “Chiamami Col Tuo Nome” è proprio Chalamet, classe 1995, un nome da segnare sulla lista dei grandi divi di domani.
Oltre alla bravura nel far trasparire ogni forte emozione col proprio volto più che a parole, il giovane americano passa indistintamente dal parlare inglese, al francese e all’italiano, a seconda della persona a cui si rivolge, e ciò contribuisce a dare una marcia in più alla caratterizzazione del suo complessissimo personaggio.

C’è una chimica notevole, un affiatamento tra Hammer e Chalamet che è stato fortemente voluto dal regista, il quale ha dato ai due attori il compito di frequentarsi amichevolmente anche al di fuori del set, per scongiurare il rischio che sullo schermo potessero sembrare imbarazzati o, peggio, freddi e anaffettivi come i protagonisti di “Cinquanta Sfumature”!

Armie Hammer, che nel film ha dovuto interpretare la parte dello studente universitario ventiquattrenne, nella realtà ai tempi delle riprese ne ha compiuti trenta e si vede; la sua bravura però è stata quella di saper incarnare, con atteggiamento quasi dolente, il ragazzo più grande che svela la propria vulnerabilità, l’innamoramento del proprio personaggio tramite attenzioni, dolcezza e coinvolgimento quasi disperato per un un suo simile più giovane e più ingenuo, che lui ha paura di “rovinare”.

Agli occhi di Elio, invece, Oliver è visto come l’oggetto del desiderio portato dal caso, la scintilla di libertà inaspettata che accende il fuoco dell’ossessione amorosa, e la sua fisicità è comparata dalle circostanze a quella delle statue greche ripescate dal fondo del lago.

Se tralasciamo la scena della pesca, in cui lo sfortunato frutto diventa oggetto di bizzarra masturbazione fuori campo, il film non scade mai in momenti imbarazzanti o in nudità gratuita, ma ha invece il dono di saper affrontare la sensualità in maniera estremamente delicata.
La ricerca dell’intimità tra innamorati è fatta di sguardi sfuggenti, indumenti, porte chiuse e sentimenti che non si possono spiegare.
Per una volta, la confusione emotiva di un personaggio che scopre la propria omosessualità non si traduce in un sofferto coming out coi propri cari e nemmeno provoca lo scherno degli ignoranti, questo anche grazie alla scelta di figure genitoriali comprensive, mentalmente aperte e serene, come reso egregiamente nel monologo paterno dell’ottimo Michael Stuhlbarg.

C’è una qualità nei silenzi e nella malinconia di “Chiamami Col Tuo Nome” che avvolge ogni inquadratura, la fotografia luminosa illumina la pelle dei protagonisti con una calda luce estiva;
la tensione, ribollente desiderio, scaturisce da momenti semplici come una nuotata nell’acqua dolce, eppure c’è sempre la sotterranea consapevolezza che tutto ciò non può durare.

Ogni dettaglio stilistico quindi è al proprio posto, dai vestiti alle acconciature fino ai suoni degli anni Ottanta, ed aiuta a lasciarsi andare, ad appassionarsi alla passione giovane.
Per questo è anche fondamentale la colonna sonora che mescola musica classica, che il giovane Elio trascrive durante le sue giornate, ed i successi italiani ed internazionali che passavano alla radio durante l’estate 1983, tra i quali canzoni di Franco Battiato, Loredana Bertè, Giorgio Moroder e dei Psychedelic Furs.
Ma sotto il profilo musicale va menzionato soprattutto il contributo del giovane cantautore americano indie Sufjan Stevens, che ha composto appositamente per la pellicola due canzoni originali, “Mystery of Love” e “Visions of Gideon”, oltre ad una nuova versione della propria “Futile Devices” del 2010.

In definitiva, “Chiamami Col Tuo Nome” è lo straordinario racconto, luminoso e delicato, di un amore formativo, limitato nel tempo, anche doloroso ma tuttavia meraviglioso, in cui il rimorso va di pari passo con la gioia.
Se lo scorso anno “Moonlight” di Barry Jenkins ha conquistato la critica ed il premio Oscar come miglior film giocando proprio su questo terreno, quali saranno le sorti di questa pellicola ancor meglio riuscita?

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