Pecca di identità l’ultimo film di Daniel Espinosa, regista svedese di origini cilene già ammirato per l’action movie “Safe House” con protagonista Denzel Washington uscito qualche anno fa.
“Child 44”, trasposizione dell’omonimo romanzo di Tom Rob Smith, gira attorno alla macabra storia del mostro di Rostov, Andrej Romanovic Cikatilo, serial killer russo che negli anni ’80 ebbe sulla coscienza oltre 50 omicidi tra donne e bambini.
La pellicola di Espinosa si discosta dalla realtà per spazi temporali e per licenze poetiche di sceneggiatura. Forte di un cast di tutto rispetto con a capo un Tom Hardy in autentica evoluzione, costeggiato da nomi quali Oldman, Cassel e Noomi Rapace, il progetto naufraga ben presto in un minestrone indefinito, dove componenti drammatiche, thriller e sentimentali faticano ad amalgamarsi a dovere, dando vita ad un svolgimento blando, confusionario e a tratti indigesto.
Leo Demidov (Tom Hardy) è un ufficiale dell’MGB (la polizia segreta sovietica), ex eroe di guerra, protagonista di uno scandalo interno quando si rifiuta di denunciare la moglie Raisa (Noomi Rapace) accusata di tradimento. Esiliato in un avamposto fuori Mosca, si troverà coinvolto in un indagine su una serie di delitti di bambini che avvengono lungo le tratte ferroviarie vicine.
La ricostruzione storica è ben disegnata in una Russia post guerre mondiali più spaventata da minacce interne che da altro. Il cameratismo sovietico emerge imperioso facendo respirare ovunque un clima di terrore palpabile.
Pervade una sensazione di devozione ad un ideale (quello stalinista) forte, rimarcato dalla caratterizzazione delle figure militari che a differenti livelli, vedi i ruoli di Hardy, Oldman e Cassel, rispondono ad una sola concezione sebbene con sfumature diverse.
Ma a fronte di questa certosina meticolosità sociale viene a mancare il collegamento con la vera natura della pellicola. Un occhio troppo marcato sulla situazione sentimentale che ruota intorno alla coppia protagonista sembra quasi mettere in disparte la storia che ci era stata presentata. La calibratura tra le varie trame è male assortita, tant’è che emerge fin troppo presto una sensazione di smarrimento che nemmeno una seconda parte più vivace e coinvolgente riesce a far dimenticare.
Il ritmo non decolla mai (e una durata eccessiva di certo non aiuta), sbocciano clichè scolastici e qualche buco di sceneggiatura pesa più del dovuto. Nemmeno il talento cristallino di Hardy riesce, poi, a scacciare la mancanza di empatia verso i protagonisti. Il film diventa improvvisamente “freddo” e la tensione che tutti aspettavamo scema con il passare del tempo.
No. Se ci aspettavamo un thriller storico questo non è un risultato soddisfacente.
Peccato, perchè con tanta carne al fuoco (parlo di un cast da valore aggiunto) una maggior concentrazione su un solo binario avrebbe sicuramente offerto qualcosa di ben più interessante. Espinosa fa sicuramente un passaggio a vuoto, la prossima volta speriamo di vedere più cuore e meno dettagli.