Il bambino numero 44 non è stato ucciso
Polizia segreta, una catena di efferati omicidi e purghe. In questo temibile substrato dove anche il collega più stretto può diventare il tuo diretto accusatore, si muove l’oscurità de Il bambino numero 44 (2014, di Daniel Espinosa). La rivoluzione stalinista ha ucciso milioni di persone. Chi non si è ritrovato davanti al plotone di esecuzione, è morto di fame creando così un’intera generazione di orfani. Tra di essi c’è anche il piccolo Leo Demidov, adottato dall’esercito mentre vaga da solo nei boschi dell’Ucraina e in seguito diventato un eroe nazionale nel corso della II Guerra Mondiale. È lui (Tom Hardy) infatti a issare la fiera bandiera rossa con falce e martello sul più alto palazzo della Berlino appena conquistata.
Mosca, 1953. Demidov è un rispettato agente della polizia segreta. A finire nel truce occhio di spietate investigazioni, questa volta però è la sua amata moglie Raisa (Noomi Rapace). Nel frattempo un bambino viene rinvenuto morto. Omicidio o incidente? Per il rigido sistema stalinista non ci sono dubbi: una disgrazia. Nessuno appartenente al fiero e impeccabile Sistema Socialista potrebbe seviziare e uccidere un minore. Per le colpe della donna e la reticenza del marito a denunciarla, i Demidov vengono così esiliati, ma anche nella loro nuova e lontana dimora non lontana da Rostov, si susseguono altri “incidenti” infantili.
Film eccessivamente lungo (137’), Il bambino numero 44 si concentra più sulle dittatoriali maglie del Governo ben rappresentato da Vasili Nikitin (Joel Kinnaman), tanto vanitoso e frustrato carrierista quanto spietato esecutore degli ordini in perfetto Stalin-style. Uccide chiunque senza nemmeno bisogno di arrivare in caserma. È palesemente invidioso di Leo, del suo carisma e dell’amore di Raisa. Un uomo che punta solo ed esclusivamente a infierire, arrivando anche a gesti estremi senza il benché minimo rimorso.
Tom Hardy regge bene il ruolo di massiccio protagonista diviso tra dovere e lealtà verso la moglie. Sceglie la via più difficile. Sceglie la via più dura. Metafora perfetta dell’esistenza dentro il regime, la lotta nel fango tra Leo e Vasili. Qualcuno ala fine si alzerà e magari catturerà anche il serial killer, la propria vita però non potrà mai davvero mutare.
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