Cinquanta sfumature di grigio: la recensione di Mauro Lanari
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Cinquanta sfumature di grigio: la recensione di Mauro Lanari

Cinquanta sfumature di grigio: la recensione di Mauro Lanari

Per il weekend di San Valentino 2015 la Sam Taylor-Johnson, classe ’67, ci dona la trasposizione cinematografica del 1° libro d’una trilogia ch’è stata un bestseller galattico: il braccio di ferro tra una 21enne laureanda e un 27enne miliardario, entrambi α-dominanti. Lei è la fanciulla della stanz’accanto che non si depila poiché vergine e ch’è a caccia della terna “chic, choc & charme”, lui è il princip’azzurro giust’appunto ricchissimo, eccitante, bello e pure manipolabile poiché stalker psicopatico bipolare, appassionato di dominazione sadica però traumatizzato da una certa signora Robinson (ho sempre pensato ch’il brano di Simon & Garfunkel, già incluso ne “Il laureato” del ’67, avesse un nonsoché di morboso). Narrativa d’amore da spiaggia, boom editoriale e al botteghino senza precedenti con 2 sequel già in cantiere: banale “love story” mascherata da storia malata e trasgressiva per la (inesistente) componente bondage della sessualità proibita? Di fatto si vede poco: un paio di sculacciate con o senza frustini, 6 cinghiate e qualche laccio alle mani nella “playroom”. “La regista epura le volgarità narrative e verbali del libro [lascia solo “I don’t make love. I fuck… hard”, doppiato: “Io non faccio l’amore, io scopo… forte” invece che “Io fotto… senza pietà”], rivelando una certa eleganza nella messa in scena, soprattutto nelle scene bollenti dove lo sguardo voyeuristico è calmierato dal pudore”; “si sta estremamente attenti alla ‘confezione’ tanto che non ci viene mostrato mai un organo sessuale (maschile o femminile).” Eppure non è detto che sia “tutt’una manovra per trasportare il giovane pubblico di ‘Twilight’ a un nuovo livello di trasgressione sentimentale ed erotica.” Vero che Bret Easton Ellis (“American Psycho”: 1991 il libro, 2000 il film) avrebbe voluto sceneggiare la pellicola suggerendo come prime scelte proprio Robert Pattinson e Kristen Stewart, vero ch’è “saccheggiata la scelta delle cravatte di Christian dalla scena d”American Gigolò’ così com’il ghiacciolo da ‘9 settimane e ½'”, idem per “Secretary” (2002) e “La bella e la bestia”, ma se gl’unici a dare la sufficienza al film sono su IMDb, le “females under 18” (6,2) e lo staff (6,1) [cf. http://www.imdb.com/title/tt2322441/ratings ], è forse in quanto la relazione “master/slave”, il legame fra dominante e sottomesso, non risulta poi così facile e lineare, e non ci vuole l’Hegel della figura servo/signore dalla “Fenomenologia dello spirito” per capirlo. “A guidare il gioco non è lui ma lei”, commentano felici le giovani ammiratrici. Sarà lei a vincere imponendogli la propria sintesi fra sessualità e “amore”, virgolettato poiché comunque dentro un perverso rapporto di forza (dall’esito familiarista, si lascia intendere). Insomma il brutto di quest’opera coincide con ciò che tant’apprezzano le ragazzine. 1° ps: l’American Family Association ha chiamato i gestori delle sale per non proiettare il film: “Il protagonista si chiama Christian, mentr’il film presenta tutt’altro che una visione cristiana dell’intimità.” Mmh: sicuri? 2° ps: presentato a Berlino 2015. Mah.

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