Cinquanta sfumature di grigio: la recensione di Parker85
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Cinquanta sfumature di grigio: la recensione di Parker85

Cinquanta sfumature di grigio: la recensione di Parker85

Cinquanta sfumature di grigio può effettivamente essere definito scandaloso.
O meglio, andando a precisare questa considerazione, il lungometraggio che porta sul grande schermo le vicende narrate sulla carta da E. L. James non ha nulla di particolarmente (visibilmente o intrinsecamente) scandaloso, ad essere realmente scandaloso è tutto ciò che ruota intorno all’ indotto di questo nuovo franchise: che un libro stilisticamente imbarazzante e così tanto povero di qualità narrativa, dalla mediocre esposizione e da ostentati e ripetuti vizi di forma, che rendono il romanzo piatto e prolisso ai limiti del disumano, diventi addirittura un bestseller da oltre 100 milioni di copie, ecco questo è scandaloso;
è ancor più scandaloso che, come i fenomeni Twilight o Hunger Games (che qualitativamente non fan certo venire la pelle d’ oca, chi più e chi meno) questo bestseller diventi addirittura un fenomeno mediatico virale, generando un grado di attesa che non trova un minimo di giustificazione nei confronti di un prodotto così scarso a livello di qualità, situazione sintomatica del fatto che il livello culturale del grosso dell’ utenza ha subito un evidente e progressivo abbassamento.
Va detto, e questo è doveroso, che nessuno con la capacità di intendere e di volere probabilmente si sarebbe aspettato un capolavoro, data la penuria del materiale di partenza in termini di qualità; e, da questo punto di vista, sceneggiatura e regia si sono sforzate di rendere più fluido il susseguirsi degli eventi, cercando di eliminare, per quanto possibile, quei sostanziosi momenti di pesantezza narrativa che contraddistinguono il libro.
Lo sforzo c’è stato, non si può negare, ma non è bastato: il film soffre, si cade spesso e volentieri vittime della noia, noia che si trasforma in disattenzione prima ed insofferenza poi; la storia di per se non brilla di luce propria ma serve solamente come pretesto, al servizio di quel che dovrebbe essere il vero tema del film, lo scandalo; scandalo che, tuttavia, è ben al di sotto del livello rispetto al quale il film era stato venduto allo spettatore: sceneggiatori e regista avrebbero potuto osare di più in merito, non tanto da consegnare al pubblico l’ equivalente cinematografico di un porno soft (anche se, onestamente, alzi la mano chi non ha mai visto un porno) quanto nell’ “andarci giù un po’ più pesante” nelle scene caratterizzate da una certa intensità;
intensità che, purtroppo, rimane piuttosto edulcorata, quasi patinata, le scene più spinte rimangono ai limiti della decenza e, nonostante nudi e topless vari abbondino, l’ azione sessuale non gode della “pesantezza” strutturale e se vogliamo anche della volgarità che così tanto erano state pubblicizzate; peggio ancora il non indugiare della macchina da presa su determinati particolari o l’ evitare di inquadrare, anche fugacemente, determinate zone del corpo non concede alle sequenze il giusto carico di perversione, il trasudare di un erotismo che, in altri lungometraggi, in modi più o meno espliciti (a volte anche senza mostrare troppo) diventa manifesto stesso del film intero, entrando nella leggenda e nel pensiero collettivo.
Ed è emblematico, quindi, che 50 sfumature di grigio non sia lo scandalo che sarebbe dovuto essere, perdendo l’ occasione di rivelarsi nonostante tutto un buon film di questo genere.
L’ alchimia tra i due principali attori protagonisti c’è, è uno dei pochi pregi della pellicola; in un ciclico susseguirsi di sequenze sostanzialmente tutte uguali, conversazioni non troppo cerebrali e parecchio banali tra Christian ed Anastasia che culminano nel rapporto sessuale del caso, purtroppo anche questo non basta: quel poco di buono viene fatto a pezzi dalle performance del cast fra cui su tutti spicca per demerito Jamie Dornan, il quale, dall’ inizio alla fine della pellicola, altro non fa che trasmettere la costante impressione di essere nel posto sbagliato a fare qualcosa che non pare essere tra le sue attitudini, regalando allo spettatore un Christian Grey monocromatico, insapore, piatto.
Da questo punto di vista meglio Dakota Johnson, meno lineare del collega, più espressiva ed emotivamente coinvolgente (anche se quasi certamente tale giudizio è fortemente influenzato dal livello di testosterone con cui ogni uomo deve fare i conti…)
Nonostante il clamore mediatico che ne ha preceduto l’ uscita, dunque, l’ adattamento cinematografico di Cinquanta sfumature di grigio si rivela essere il film sotto la media che inevitabilmente era più che lecito aspettarsi (pur concedendo il beneficio del dubbio ai cineasti coinvolti nel progetto);
non è certamente il film trasgressivo per eccellenza, men che meno rimarrà nella storia per la sua scabrosità al contrario di fenomeni diventati culto popolare: siamo lontani dai livelli di un Basic Insinct, un film scandalo volutamente scandaloso (almeno per quell’ epoca) ma un film in tutti i sensi, ben confezionato e diretto con mano sapiente, un film che a 23 anni dalla sua uscita può ancora dare lezioni a chi si cimenta con prodotti di questo genere.

Voto 4,5

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