Codice 999: la recensione di loland10
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Codice 999: la recensione di loland10

Codice 999: la recensione di loland10

“Codice 999” (Triple Nine, 2016) è il settimo lungometraggio del regista australiano John Hillcoat.
“E’ un lavoro di m…..”, “Va fatto”, “Un altro lavoro di m….”.
Atlanta tra 221 e 999, numeri di chiamata, codici di lavori sporchissimi, polizia corrotta, truce vita tra denaro e speranza di essere vivi. Tutto tace ma alla fine la piccola fiamma di una libera vita finisce prima di nascere e, anche, i bambini non sono salvi dal nulla. Un fetore dentro i personaggi di un film orribilmente piatto nello schema ma arroccato nello ‘splatter’ adrenalinico di un corso di bande da massacrare. Violenza che regala l’ultima chance umana per rialzare il cuore spento del tutto: non ci sono domande per un qualcosa che va fatto e le pallottole sono lì senza un vero perché; è la risaia del barbaro gusto di ‘coglioni’ in mostra e di un gioco ‘da scafandro’ mentre la ‘regina’ della mafia arrocca ogni sequestro di potere.

Capo (Jeffrey) che sembra un debosciato, movimento da fiacco con un barlume di intelligenza, sembra un relitto umano tra i perdenti e scazzati di ogni tipo ma, in fondo, è sempre lì: per chi conosce il marcio (e ci vive) non è difficile ‘odorare’ i volti del gruppo con una sigaretta continua e l’alcool tra le mani insanguinate. Alla fine è dietro la ripresa, dietro un sedile ad aspettare, è dietro al set per apparire sempre, è dietro la schifezza morente e dietro ogni viso rigato e avido. E’ il capo che sghignazza parolacce ultime per uno spruzzo di sangue che comprime l’inquadratura. Tutto buio, tutto fango, tutto lercio, tutto fumo e tutta forza arrogante per una mafia che sconfina il muro (oramai senza limiti).
O il genere da rimarcare o da copiare in gran stile: il film echeggia uno sfizio alla ‘Mann’ ma non siamo nel campo vincente (registico) ma in un salutare connubio tra scioltezza narrativa e personaggi azzeccati dove ognuno fa spalla all’altro e si ‘incazzano’ fino all’ultimo respiro per guadagnare efficacemente la prova di un lavoro di ‘m…’.
Dietro ogni faccia (Michael e soci) una maschera di sputi orribili, un ritrovo d chiuso blasfemo, una violenza scurrile, una vita infangata con uno scorrere in mano tutto quello che l’America ghignosa e cattiva riesce a mostrare: tutto è un fluido morente di ragazzi che aspettano la vita migliore. E il regalo da dare al figlio, dopo il gran lavoro di m….., è un suono dolce da far esplodere dopo che l’auto scompare dietro la via e una notte ancora più scura. Mafia che sovrasta ogni legge ed ogni ordine di un corpo (di legge) lercio e fradicio di tutto e oltre al lavoro merdoso da fare per l’ultima volta.
Il corrotto e la corruzione sono come ‘matrioska’: bei colori offuscati completamente per una continua mattanza e un nascondimento di volti miseri, scuri e quasi mai spaventati. Il fiore ultimo è un pacco da aprire: può essere una cassetta di sicurezza o può essere una scatola con un fiocco, il livore antico e truce di un conflitto interiore è tutto un susseguirsi di paure accantonate e di una città (tutta) in balia di se stessi (lavoro di scambio e lavoro di .m….. si abbracciano in un’agonia perenne).
Come non fare ogni cosa per un figlio in ‘sequestro’ e una speranza assente: è l’alchimia perfetta dell’uomo che vuole scalare il desiderio di ‘onnipotenza’ per l’ultima pallottola contro il potere dell’avidità espressa senza vera ragione.
E’ la fine di un sentimento (che non c’è), forse l’unico, la figliolanza per il potere mafioso di Atlanta non esiste neppure: solo il lavoro di m….. conta e va fatto. Non c’è remora e pianto: solo sangue e attesa di fine corruzione.
Triplo 9 è da chiamare, ammazzare qualcuno per fronteggiare il muro di una rapina assurda: sangue da succhiare per un disordine mentale che s’allunga in una città notturna per un lavoro che deve essere finito. Senza sconti, tutti perdenti e i grandi ‘cazzoni’ si ritrovano a fronteggiarsi (tutti) per un regolamento di conto(i) a scaricabarile. Nessuna paura è solo allarme per una sicura morte (di un uomo sfinito). E’ notte. L’alba non c’è più.

Recitazione e scrittura che si incontrano in giusto modo con un rimpallo di ‘grande efficacia’. Cast da applausi, con Casey Affleck, Kate Winslet, Chiwetel Ejiofor e Woddy Harrelson (meglio menzionare tutti).
Regia di livello (per il genere) che rimette tutti in gioco (in realtà negli ‘States’ non è mai finito).
Voto: 7/10.

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