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Come l’acqua per gli elefanti: la recensione di Eddie Morra

Come l’acqua per gli elefanti: la recensione di Eddie Morra

Il whisky per l’elefante… La generazione twilight ha partorito un faccino lindo dagli spigolosi zigomi appena appena “adombrati” da un’azzurra Luce crepuscolare negli occhi. E’ ciò che si chiama languore, il volto che sussurra baci svenevoli per sogni adolescenziali d’intangibilità eterea. E’ Robert Pattinson, ragazzo allevato alla “bellezza” damerina con un malandrino sorriso da uomo appena cresciuto di civettuola femminilità. E’ il ragazzo d’oro della giovanilista Hollywood, che corteggia, “affumicato” di melò, vergini da succhiotti al collo, nelle sue picaresche “gite” in mezzo ai vampiri sbarbatelli. E’ il ragazzo (non) azzeccato che poteva essere scelto per questa melensa storia d’amore condita da un “sovrano” matterello di sottile perfidia. Direttore del circo che getta giù dal treno gli “inservienti inutili”, sevizia gli animali ed è, “giocondamente”, vizioso con la sua bella boccolona d’oro, una Witherspoon dal gracile profilo che mai s’accende, quasi resta “impigliata”, affettivamente parlando, nel gran tendone.
Ma dobbiamo essere sinceri, lo salviamo in corner.

Francis Lawrence dopo le discutibili “fantasmagorie” della fantascienza (il suo film migliore resta, chiaramente pur con tutti i suoi limiti, “Io sono leggenda”) “adotta” il best-seller omonimo di Sara Gruen ma ad adattarlo in sceneggiatura è il quasi sempre mirabile ( qui non tanto) Richard LaGravenese, autore delle migliori “favole” d’amore con incorporata lacrimuccia.
La “mano” di LaGravenese si sente, però, più nel rapporto fra Jacob, “orfanello” che s’affaccia timidamente a un sorprendente “novilizio” alla vita, e l’elefante Rosie, che fra Jacob e la vedette Marlena. Il romanticismo, incorniciato da una mansueta calligrafia di notti alcoliche e di risate un po’ “amare” (il ghigno senza “coscienza” di August, un magnifico seppur stereotipato Christoph Waltz, lo sa…), soffoca dentro una certa, involontaria freddezza che sta per incarnarsi, sta per appassionarci nella passione, e poi s’interrompe, come “folgorata” dal timore di riprender le fila del discorso, la “filmica” dei colori, di un elefante maltrattato che, anziché bere acqua come suggerirebbe il titolo, scola whisky a infinite dosi come un ubriacone di locande sperdute nella nebbia di Londra.
Film di un viaggio, di una consapevolezza che sposerà l’amore di tutta una vita, quel fulmine radioso che ne ha irradiato il Cuore, ammorbidendone l’acerba grezzezza, le paure e la “gelida” seriosità dello studentello che fa, davvero, i suoi primi passi nel Mondo.
Confezione di lusso, con fotografia di Rodrigo Pietro, e tre attori forse troppo sacrificati dalla “macchietta”. Un Pattinson ancora “imbalsamato” di esangue trasporto emotivo, una Witherspoon fra luci & ombre del suo personaggio, e un Waltz gran “vivandiere” dalla porca arroganza per la sua giusta, infame fine.
Un lungo flashback per una pellicola quasi dissanguata quando voleva essere elegiaca, che potrebbe, comunque, piacere al mistero di una creatura smarrita nel buio che immagina un treno a vapore nell’onda del suo Destino.
Un film “sbagliato”, appesantito da una “romanticheria” zuccherosa che non funziona proprio perché non c’è, o che se ne imbocca non saziandoci di desiderio. Né per la storia, né, forse, per il film stesso.
Per un film “senza sesso”, anche e, soprattutto, e qui è “delittuoso”, dell’anima.

(Stefano Falotico)

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