Gli occhi dell’universo, oppure la verità è nell’occhio di chi guarda o di chi viene guardato? Quest’opinione rivela parecchie “cose”, dunque leggetela a visione ultimata e avvenuta, o leggetela lo stesso per farvi due “risate” intelligenti. Fidatevi, io vi consiglierei di leggerla!
Il Cinema americano è “specializzato” in questo genere di thriller, spesso sforna robaccia da Giovedì sera anemico da gustare “in panciolle” in una sala per “elitari” amanti del sottogenere “Cena con delitto”.
Il Cinema americano c’ha marciato e ci marcia, spesso e volentieri, con le sue storie di marci machi che, repentinamente, fan strage “a serpentina” d’innocenti, di killers seriali con gravi difetti d’autostima o con sicari dalla pistola “sigaro & tanto fumo” dal Cuore di “ghiaccio”. Uomini che erano abbronzati e, poi, non se la son passata benissimo. Han perso il lavoro, han divorziato, han perso fiducia nel domani soltanto perché avevano scommesso sulla corsa sbagliata nel corso della loro vita. E, adesso, dopo essersela, bene o male, spassata, spesso da insospettabili sposati, passan il Tempo a martoriar vittime inermi, a dar la caccia al loro mostro inscenandolo con tanta furia, a sbudellare, sventrare o “trivellar” di torture la malcapitata (eh sì, il “gentil” sesso è il bersaglio “facile” preferito) di turno che, quasi sempre, ha i turni di notte.
Questo Cinema ha prodotto perle antologiche che vengon, perfino, studiate al primo corso (giusto quello, però…) di criminologia, modelli altissimi, da “Cruising” a “Manhunter” al tanto osannato e, invero, molto banalizzante eppur cartesiano “Il silenzio degli innocenti”. Film, poi, parodiati per riderci sopra e sdrammatizzare sui tanti mostri, orridi quanto spesso ridicoli, e tutto un filone paratelevisivo di menti criminali, poliziotti dal fiuto da tartufo, “C.S.I.” e compagnia bella, con tanta “schiuma” di champagne delle peggiori stronzatelle da manuale psicologo per ingenui giovani marmotte.
Insomma, il Cinema americano, ben allietato dai suoi spettatori mai sazi e ingordi di “lupi cattivi”, trova sempre nuovi spunti per storie di questo genere, bastano i diari dei “casellari” di squartamenti e carne macellata che la cronaca nera a stelle e strisce ci sventola nei suoi illustri quotidiani, per farsi un’idea che la società di Obama e di tutti quelli prima di lui, ha molti “bambini che non ce l’hanno fatta” da spelare e servirci in tutte le salse, spesso da chili “al sugo” e coltellacci affilati. Che siano anche i “giganti-nani” di “Halloween”… ma anche le streghe son spesso più terrificanti dei maschietti.
Il Cinema di Terrence Malick, tanto “osteggiato” da ciechi critici imputtaniti anche loro ai divertimenti senza troppe paranoie e da eterne vacanze “caraibiche” (non che, comunque, ci sia niente di male, intendiamoci, anch’io mi rallegrerò con la ciurma dell’immortale Jack Sparrow…), è una lezione sulla vita nel senso (a)lato e sulla vita “alzabandiara” del triste Mondo in cui viviamo. Di come la lotta della volontà sia, spesso, inevitabilmente all’origine dei suoi stessi mali per troppe malie e manie, il tanto orgoglioso culto della “forza” dell’impunemente, “baluarda” società americana, tanto “democratica” quanto “innatamente”, dannatamente violenta.
E direi che, in questo senso, ci siamo “esterofilizzati” parecchio, anche nei discorsi sessuali, del tipo: “Quella lì l’ho massacrata, non s’alzava più dal letto”, e altre sconcezze e porcherie di tale “risma”, divenute quasi imprescindibile “valori”.
Ma, torniamo al film. Se l’America ama i mostri, anche la Spagna non scherza. Da qualche anno, in particolare.
Eh sì, anche i castigliani tanto “calienti” ed espansivi hanno tanti scheletri nell’armadio.
Prima ho accennato alla “cecità” critica, questo è, invece, un intreccio di donne senza trecce ma cieche, cieche sul serio.
Un film di Guillem Morales (e chi è costui?…) senza morale finale, per l'”egida” di Guillermo Del Toro, emblematico caso di regista-produttore tuttofare che finanzia i film degli altri ma i cui tanti progetti d’autore non trovano quasi mai i finanziamenti, forse perché Guillermo ha alzato il tiro e per le sue pellicole chiede budget decisamente più cospicui, vedi “At the mountains of madness” (da non confondere con “Il seme della follia” di Carpenter, il cui titolo originale “suona” molto simile) per il quale aveva già scelto, comunque, una star tutta d’oro come Tom Cruise.
Una cieca si suicida nello scantinato. Apprendiamo che la polizia liquida il caso come causa della depressione che non tollerava più di vivere nell’oscurità. La sorella “gemella”, Julia, è afflitta dalla stessa malattia, la perdita progressiva della (s)vista. E subito s’accorge che i torni non contano, che non ce la racconta giusta l’ispettore, sospetta che dietro la morte dell’affezionatissima consaguigna ci potrebbe essere un uomo “misterioso” che ama scattar fotografie al “buio”.
Ma il mostro chi è? Il suo premuroso marito psicologo che non la dice tutta o, semplicemente, un signor Mr. X da “Indovina chi?”.
Il film ha i suoi bei momenti, una certa tensione, un ritmo tutto di “scuola” iberica, qualche vezzo surreale che non guasta, m’anche colpi di scena telefonati, una protagonista che non vede tanto bene ma per il vicino, solo e sconsolato, è tanto “bona”.
Poi esplode nel solito finale con tanto d’omaggi e citazioni fra Audrey Hepburn, occhi alla Buñuel (lì il bulbo oculare veniva reciso da una lama, qui infilzato da un ago velenosissimo…) e un mostro che rivela, finalmente, la sua faccia, un po’ “tonto” a esser proprio sinceri. Potrebbe ammazzarla quando e come vuole, invece pare che aspetti la “grazia” e morirà in maniera poco aggraziata.
Un thriller, dunque, “grazioso”.
Siamo onesti. Io ero andato alla mutiplex The Space Cinema per Malick, ma, all’ultimo momento, hanno cambiato la programmazione, e mi son quasi “costretto” a sorbirmi il film che davano alla stessa ora. Che, fra l’altro, a conti fatti, manco m’è dispiaciuto.
Senza offesa per nessuno, io sono un grandissimo.
Le mie recensioni sono sì puntigliose e colte, perfino troppo (r)affinate, ma anche divertenti e briosi. Ditemela tutta, avete riso più volte leggendola. Se mentite siete dei bugiardi.
Non è che mi fate la fine del finto assistente sanitario di questo “Con gli occhi dell’assassino”? L’uomo “invisibile” che s’è reso tale perché tutti non lo vedevano, insomma, lo rifiutavano, e lui ha cominciato ad “amare” perversamente chi non poteva vedere ma lo “sentiva”.
Come assunto non era male, ma il film, come già detto, nonostante le crudezze, non è malvagio.
(Stefano Falotico)