Il film non è brutto.
Già di per se, questo è uno dei suoi pregi. Ma non è nemmeno bello: è insipido, senza sapore, non convince.
Non è molto chiaro cosa Soderbergh abbia avuto intenzione di fare, ma questo non basta.
La storia della “fine dell’umanità” vista dagli essere umani stessi: la paura, il panico, il senso di inevitabilità che provano.
Ci sono i medici che tentano di trovare una cura, un blogger che predica la verità tradendo i suoi valori di fronte alla possibilità di speculare sulla fine del mondo, il padre immune che sopravvive alla moglie e al figlio, rimanendo solo con la figlia maggiore.
Tutti loro rappresentano vari aspetti dell’umano e delle reazioni davanti al Disastro.
Matt Damon è bravissimo come padre freddo e pacato, ma tormentato all’interno.
Jude Law è ciò che di peggio c’è nell’umanità, disposto a tradire se stesso e gli altri.
Marion Cotillard finge di essere rapita per aiutare un villaggio ai margini della società, e quindi della cura, ma anche lei viene tradita da quel gruppo di capitalisti di cui fa parte…
Il materiale (così come gli interpreti, quelli che mi hanno colpito di più) c’è, ma mancano vari importanti ingredienti per alzare il livello della pellicola, a cui non serve solo saper trasmettere angoscia e fatalità.
Anche la regia, fatta di primi piani, distaccata e quasi “documentaristica”, sembra voler ricercare un’originalità che però non aiuta lo spettatore a non annoiarsi, anzi, rischia di sortire l’effetto opposto.
Dunque Contagion supera di gran lunga la sufficienza, ma è carente in quelli che dovrebbero essere i suoi punti forti: le emozioni.
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