Gwyneth Paltrow contrae un virus e muore lasciando sbigottiti il marito Matt Damon e gli spettatori. Sono i primi dieci minuti di Contagion (e nei primi 15 muore anche un bambino), che ci trascinano a forza dentro un film (presentato Fuori Concorso a Venezia 68) in cui si empatizza immediatamente con tutti i suoi personaggi e le loro situazioni private, dalle quali si viene catturati senza possibilità di uscirne fino alla fine. E’ quello che succede quando si lascia nelle mani di un autore come Steven Soderbergh un tema che fino a oggi il cinema ha collocato in generi specifici come l’horror La città verrà distrutta all’alba di George Romero o il thriller Virus Letale di Wolfgan Petersen. Contagion potrebbe essere definito un “catastrofico sofisticato”, basato su una coralità di personaggi (proprio come il genere insegna) ma è un meccanismo che ormai siamo abituati a vedere più nei serial tv che al cinema. Il risultato è che si ha la sensazione di assistere proprio a un serial drammatico compresso in due ore, dove le storie dei vari personaggi, davvero molti, i principali interpretati da star, appassionano (anche grazie al fatto che fin dall’inizio è chiaro che non tutti si salvano). Oltre a Matt Damon c’è Laurence Fishburne, a capo della CDC (Centers for Disease Control and Prevention), che ci dà un punto di vista “governativo” sull’epidemia. C’è Kate Winslet, dottoressa incaricata da Fishburne di indagare sui primi casi di morti in Usa. C’è Marion Cotillard, che lavora per la World Health Organization e che viene spedita in un villaggio cinese sulle tracce del paziente zero. C’è Jude Law, blogger inascoltato dai grandi media che attacca e accusa l’informazione ufficiale facendo proseliti di lettori. E’ attraverso di loro che assistiamo al diffondersi dell’epidemia in tutto il mondo, mentre titoli in sovraimpressione scandiscono i giorni che passano e il numero degli abitanti delle varie città del pianeta in un countdown che sembra portare verso una inevitabile apocalisse. Eppure il cuore e il coraggio di pochi sarà la salvezza di tutti. Il film è tutto qui ed è “piatto” nel suo svolgimento: a Soderbergh non interessano i complotti – si cerca l’origine del virus fin dall’inizio, ma è semplicemente la casualità che lo sparge nel mondo, senza nessuna dietrologia -, né dare risposte a sottotrame del film che in apparenza muovevano critiche – alla fine il blogger forse non è quello che tutti credono, o forse sì. Insomma nessun messaggio, a meno che non lo si voglia leggere a tutti i costi come metafora del momento economico che stiamo vivendo, dove un meccanismo finanziario che non ha più anticorpi in grado di renderlo immune a prodotti spazzatura che si insinuano come virus, sta ormai agonizzando, ma anche in questo caso è metafora sterile di riflessioni.
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Mi piace
La messa in scena realistica data da una scrittura credibile, un’ottima recitazione, una fotografia invisibile al limite del documentaristico e musiche elettroniche poco invadenti, ma in grado di valorizzare assai bene i momenti più drammatici.
Non mi piace
Ad alcuni personaggi manca lo spazio per esprimersi al meglio.
Consigliato a chi
E’ un appassionato di fantascienza e del genere catastrofico e a tutti quelli che hanno voglia di capire cosa potrebbe realisticamente accadere al pianeta di fronte a una epidemia.
Voto 4/5
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