Cos’è Tenet?
Un Bond movie con i viaggi nel tempo.
Mission: Impossible senza Tom Cruise.
Una spy story con un mcguffin particolarmente complesso.
Oppure.
Cos’è Tenet?
Un rompicapo, film enigmistico, cinema-labirinto: per centrarne il senso basta una visione, per scomporne tutti i movimenti e ricostruirne la cronologia ce ne vogliono molte di più. Assieme a Inception, che è anche quello che gli somiglia di più, è il più “nolaniano” dei film di Nolan.
Oppure.
Cos’è Tenet?
Un thriller tradizionale, con un protagonista che deve salvare il mondo (e quante volte lo ripetono i personaggi: “Io sono il protagonista, io devo salvare il mondo”), una donna in pericolo, un mentore ambiguo e un villain disposto a distruggere ogni cosa.
È il Viaggio dell’Eroe, scomposto e ricomposto.
E infine.
Cos’è Tenet?
La storia di un agente segreto che deve evitare che un’arma in grado di annientare il presente e tutto ciò che lo precede – cioè l’intera storia dell’uomo fino a oggi -, finisca nelle mani di un magnate russo intenzionato ad usarla. E, nel frattempo, salvarne la moglie.
Ricominciamo.
Tenet è un film sui viaggi nel tempo ma in Tenet non ci sono macchine del tempo come vengono intese tradizionalmente nella letteratura di genere. C’è invece un macchinario che “inverte l’entropia”. Che in realtà è la stessa cosa, solo presa un po’ più seriamente.
Come sa chi ha studiato un po’ di fisica, l’entropia è la freccia di ciò che chiamiamo “Tempo”, perché è una grandezza in costante aumento nell’universo. Isolare una porzione di universo e diminuirne l’entropia, equivale a riportare quella porzione di universo indietro nel tempo.
L’ossessione di Nolan per la rappresentazione del Tempo (o, per meglio dire, dello spazio-tempo) è ben nota: è la forma (Dunkirk, Memento) o l’argomento (Interstellar, Inception) di tutti i suoi film più celebri. Qui il regista inglese la affronta nel modo più popolare e tuttavia nel modo più tecnico possibile, perché si diverte a giocare con il time travel come in un Ritorno al futuro qualsiasi, ma al contempo mette in bocca ai suoi personaggi serissime dissertazioni su paradossi ontologici e libero arbitrio, sui limiti tra matematica e misticismo, su fisica quantistica e applicazioni.
La sua macchina dell’inversione non trasferisce avanti o indietro sull’ascissa degli anni i suoi protagonisti, piuttosto li spinge nelle due direzioni, in modo continuativo. Per essere ancora più precisi, i protagonisti e le informazioni in Tenet non “saltano” avanti e indietro nel tempo: scivolano. Sovente incrociando se stessi.
La trovata è tutt’altro che banale, ed è in fondo la vera ragione del film, la sua ispirazione, perché prosegue in quel processo di “scientificizzazione” dei topos del cinema di fantascienza che segna tutta la carriera di Nolan, e che nei suoi momenti migliori – certe epifanie grandiose perché al contempo intellettuali e sentimentali (pensate al rapporto tra Cooper e Murphy in Interstellar) – rappresenta la vera ragione del successo di questo regista, assieme al suo talento per la messa in scena.
Quest’ultima è decisiva e merita una riflessione a parte, perché i concetti – essendo cinema e non didattica – vanno esposti visivamente.
Il film, da un punto di vista strutturale, è un classico action movie ad alto budget costruito su un certo numero di set piece più o meno complessi, ambientati in località turistiche o sperdute in giro per il mondo. Il sense of wonder però è suscitato con un trucco efficace quanto, in fondo, semplice tecnicamente: l’inversione dell’entropia, applicata a cose e persone, ne muove infatti alcune in un senso e altre in quello opposto. Ciò significa che all’interno della stessa inquadratura capita di vedere elementi che coesistono pur seguendo dinamiche incoerenti. Lo spaesamento che ne deriva è la ragione della suggestione, la natura dello spettacolo.
C’è del genio in questo? Ovvero: è questo, in fondo, Tenet?
L’impressione è che il film, più di ogni altro, sia destinato a polarizzare i pareri degli appassionati. Tenet è Nolan all’ennesima potenza, un thriller archetipico nei suoi personaggi e complesso nei suoi argomenti, un dispositivo cinematografico ambizioso sul piano teorico e assai più semplice su quello pratico. Una grande macchina spettacolare costruita per cerchi concentrici, che permette a ciascuno, visione dopo visione, di fermarsi alla distanza preferita dal suo nucleo.