VOTO: 1/10
Adonis Johnson è un orfano, che ha passato la sua infanzia tra vari orfanotrofi e case famiglia. Ha imparato che solo combattendo si può tirare avanti. Un giorno però viene a sapere di essere il figlio di Apollo Creed, il famoso pugile rivale di Rocky Balboa. Arrivato in età adulta decide così di allenarsi e di ricalcare le orme del leggendario genitore.
Ryan Coogler torna dietro la macchina da presa dopo Prossima Fermata Fruitvale Station, stavolta per narrare le gesta del figlio bastardo di Apollo Creed.
Il film si presenta come uno spin-off della saga di Rocky Balboa, che qui appare come allenatore del giovane Adonis. Purtroppo però non riesce ad eguagliare l’intensità della saga del pugile più famoso di sempre, inciampando in continui errori che rendono il film pietoso e stancante.
Innanzitutto è sbagliata proprio l’impostazione psicologica del protagonista. Al contrario del suo predecessore, che aveva un motivo per lottare, Adonis molto semplicemente è stato costruito per averne uno. L’essere un orfano perennemente sbattuto da un orfanotrofio all’altro diventa quasi un pretesto per farlo crescere arrabbiato e con voglia di fare a botte. Poi dopo che scopre che suo padre era un pugile di fama mondiale decide di eguagliarlo, seguendo una carriera imposta da un non precisato perché.
Per allenarsi e diventare un pugile migliore va a Philadelphia in cerca di Rocky Balboa, che ha scelto come allenatore solo perché era il rivale di un padre che non ha mai nemmeno visto. Rocky dapprima è riluttante, poi accetta, anche questo in maniera forzata. Anche se ora che ci penso “forzatura” è la parola chiave in Creed – Nato per Combattere. Un esempio ne è la prima notte passata nel suo nuovo appartamento in città. Infatti mentre cerca di dormire, Adonis sente provenire dall’appartamento sottostante una musica assordante, da bravo duro scende per cantargliene quattro, ma ad aprire la porta ovviamente c’è una bella ragazza che addolcisce il suo cuore da macho. Questa ragazza nera è affetta da una perdita progressiva dell’udito, caratteristica inutile che non verrà mai approfondita nel corso del film; e per di più si chiama Bianca. Avrebbero potuto usare, che ne so: Abeba, Do oppure Faraa, tipici nomi africani, ma invece hanno deciso di chiamarla con l’opposto del suo colore di pelle.
Fossero solo questi gli errori del film. Oltre alle pessime scelte di sceneggiatura ci si accosta anche una pessima scelta dello humor: battute messe a caso e fuori luogo, scene pietose in cui Adonis si improvvisa rapper, lui che per ogni scatto d’ira si mette a menare l’aria rendono il personaggio e la gente che lo circonda davvero fastidioso. Per non parlare poi che questo film rappresenta a pieno il tempo che viviamo; infatti Adonis in una scena a inizio film si mette a guardare un video su Youtube di Apollo contro Rocky, e anche in questa occasione si mette a menare l’aria imitando il defunto padre. Ultima ma non per importanza la scelta sbagliatissima di mettere prima di ogni incontro la scheda tecnica dello sfidante di Adonis, cosa che rende tutto il film una brutta copia di Tekken.
Un film pessimo, che sbaglia a più riprese, non concedendo un attimo di ripresa tra un errore e l’altro. Sono rimasto colpito dalla gente che ovunque, su social e riviste, ha detto che Stallone sia da Oscar. Non ha recitato meglio che in altri film, una recitazione terra terra che non gli avrebbe dovuto permettere di aggiudicarsi un Golden Globe come miglior attore non protagonista. Michael B. Jordan è andato sicuramente meglio che nei suoi precedenti film, ma comunque questo è un ruolo che non aveva bisogno di troppa bravura per essere interpretato.
In conclusione il film cerca goffamente di riprendere vari elementi da due film troppo diversi tra loro, a cominciare dal recente Southpaw e Rocky appunto. Dal primo riprende la voglia di redenzione, causata in Adonis non si sa da cosa, mentre dal secondo invece riprende solo il nome dell’allenatore.
© RIPRODUZIONE RISERVATA