Inutile dire che non siamo in presenza di un capolavoro. Gli attori sono tutti di primo livello, a partire da Tommy Lee Jones, fino a Gary Oldman, all’istrione Kevin Kostner e al ritrovato Michael Pitt. Tutti forniscono delle ottime prove, come del resto era lecito aspettarsi, ed anche il cast femminile fa la sua parte, dall’attrice del momento Gal Gadot ad Alice Eve e Natalie Burn, tutte credibilissime. Tuttavia, si ha sempre e comunque la sensazione di essere in presenza di un “filmetto”. La trama di per sé è già vista, da “Trascendence” fino a “Self/less”, altre pellicole hanno già trattato il tema del trapianto di “pensiero”, che qui, tuttavia, risulta tratteggiato con mano molto più leggera da Ariel Vromen ed è decisamente secondario rispetto alla spy story e ancora di più all’ action movie, che è invece decisamente preponderante.
Ma veniamo alla storia. La memoria del valoroso agente della CIA, Bill Pope, ucciso proprio mentre stava portando a termine un’importante missione sul piano internazionale, viene impiantata nel lobo parietale di Jericho Stewart, delinquente pluriomicida rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, allo scopo di recuperare le importanti informazioni che contiene e che potrebbero salvare l’umanità da un attacco terroristico. Ciò avviene grazie ad un intervento in fase ancora meramente sperimentale, portato a termine dal Dott. Franks, alias Tommy Lee Jones, che qui ha il compito di dare umanità alla storia e spessore al personaggio di Jericho/Kostner. Nel complesso, il ritmo è buono, le scene incalzano senza tregua, gli inseguimenti anche, insieme ad una discreta dose di violenza e adrenalina, il rischio di annoiarsi, dunque, non esiste. In tutto ciò, non manca neppure la parentesi “romantica”, che, aldilà delle intenzioni dichiarate nel titolo (“Criminal”), ci permette di apprezzare e riscoprire Kevin Kostner nel ruolo che più gli si addice e che gli riesce meglio anche adesso, alla soglia dei sessant’anni. Gal Gadot è bellissima oltre che brava e la possibile attrazione fra i due protagonisti, qui solamente accennata, non dispiace affatto, sebbene la pulsione profonda che spinge Jericho a trasformarsi da schizzoide criminale in un uomo innamorato, pronto a rischiare la vita per la moglie e la figlia, resta solo sullo sfondo e non è minimamente indagata. Ma tant’è. Kevin Kostner è Kevin Kostner, il lieto fine c’è e, per una volta, ci va bene uscire dal cinema con il cuore leggero nonostante la tematica pesante e le molte sparatorie, e con la soddisfazione dire (come si faceva una volta), che tanto…era solo un film.