Cuori Puri, basta che si ami
E’ nelle sale Cuori Puri, pellicola selezionata dalla Quinzaine de Rèalisateurs alla settantesima edizione del festival di Cannes. La regia è firmata da Roberto de Paolis, al suo esordio dietro la macchina da presa, e il cast è formato da Selene Caramazza, Simone Liberati, Barbora Bobulova,Stefano Fresi, Edoardo Pesce.
E’ una calda estate a Tor Sapienza e Agnese e Stefano si incontrano per la prima volta. Agnese ha diciotto anni, Stefano venticinque. Sullo sfondo della periferia romana i due ragazzi saranno rapiti da una profonda attrazione, motore trainante che darà loro energia affinché possano, almeno un po’, cercare di capire per cosa vale la pena lottare nella vita.
Abbiamo due realtà che formano l’intero contesto filmico. Da una parte una periferia difficile, una come tante dei giorni nostri. Povertà, contrasti sociali, razzismo. E dall’altra un contesto intimo, personale. Il mondo di Agnese fatto d’amore per Dio e allo stesso tempo inquietudine, indotta per lo più da una madre (Bobulova), che non fa altro che spingerla verso una visione ferrea e convenzionale della fede, in particolare si noti il veto materno sul vincolo della castità fino al matrimonio. E il mondo di Stefano che cerca di rigare dritto, di non mettersi più nei guai, di amare qualcuno realmente, ma che, vista la mancanza impellente di denaro della sua famiglia, è costretto a duellare contro lo spettro del passato: Racimolare soldi con il crimine, furto e spaccio di stupefacenti.
Agnese e Stefano si mostrano come personaggi molto diversi tra loro. Agnese è una ragazza semplice, molto legata alla madre e devota alla chiesa, tant’è vero che passa le sue giornate a seguire le iniziative di Don Luca (Fresi). Stefano è un ragazzo dal passato turbolento, la famiglia è sempre al verde, e lui fatica a mantenersi stretto un lavoro serio. La differenza tra i due si presenta però solo in apparenza. Entrambi condividono un presente fatto di continue domande, ardui contrasti interiori, cosa bisogna fare per restare in equilibrio? Per mantenersi vivi dove il disagio sociale si taglia a fette, fare del bene per gli altri? Accontentare quest’ultimi? O abbandonarsi liberamente a quello che, dal profondo, si desidera?
De Paolis cattura, servendosi di una scrittura di alta fattura, lo spettatore. Il ritmo della sceneggiatura è una dote di non poco conto quando ci si affaccia a tematiche complesse. Tra atmosfere alla Caligari e silenzi che ricordano quelli della Vitti di Antonioni, i sguardi innocenti dei nostri protagonisti ci vanno dritti al cuore. Ogni forma di riflessione sul girato, collegamento ad un tema o ad un altro, è qualcosa che può avvenire solo a posteriori. Durante la visione si surclassa, si trattiene il respiro, e si vive come i protagonisti. In definitiva la bellezza del film sembra concretizzarsi nella forza deflagrante delle emozioni e dei sentimenti; l’amore che nonostante tutto svuota di senso ogni dietrologia, ogni cieco interesse, e sale sul palcoscenico della vita.