Dallas Buyers Club: la recensione di ACINIdiCINEMA
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Dallas Buyers Club: la recensione di ACINIdiCINEMA

Dallas Buyers Club: la recensione di ACINIdiCINEMA

VOTO: Mangia a mamma che ti vedo magro
Quando nel titolo di un film leggi la parola “Dallas” ti prepari a vedere solamente speroni, cowboys, tori e donne nude. Poi al Roma Film Fest viene presentato Dallas Buyer Club e a prevalere sono i rossetti, le scarpe con tacco e gli smalti.

Rod Woodroof (Matthew McConaughey – Magic Mike) è lo stereotipo del cowboy texano (o almeno nell’immaginario comune). Bull rider ed occasionalmente elettricista, cappello in testa, stivali, mani che stanno per il 20% in tasca e per il restante 80% sul pacco e soprattutto un amore incondizionato per la gnocca. E’ un vero duro e passa le sue giornate a vivere come se non ci fosse un domani. Chiunque però, osservando la sua magrezza, si accorgerebbe che non è un uomo in salute. Ron ha anche l’abitudine di montare COME un toro e finisce per contrarre il virus dell’HIV. Nel 1985 c’è ancora disinformazione sull’AIDS ed i medici stessi brancolano nel buio testando nuovi farmaci per curare la malattia. Costretto nei tempi dallo stato avanzato della malattia, Rod si spingerà fino in Messico dove troverà nuove cure efficaci, ma non approvate negli Stati Uniti. Deciderà di importare i farmaci e venderli a tutti quelli che ne hanno bisogno, iniziando un inevitabile braccio di ferro con la legge.

Jean-Marc Vallée dirige un dramma “un sacco bbbello” ed intenso, costruito interamente intorno al personaggio di McConaughey. Non mi azzardo a dire che è un capolavoro del suo genere solo perché probabilmente esisteranno 2000 buone motivazioni per essere smentito, ma l’ho apprezzato davvero tanto (e non solo perché me la meno a saltare la fila con il pass -grazie a Scrivere di Cinema-…cavolo c’era una sala piena di paganti a 25 euro. Brillanti). Fino a qualche tempo fa si pensava che Matthew McConaughey fosse buono solo a fare la pubblicità di Dolce & Gabbana The One, poi abbiamo scoperto che è un attore con la A maiuscola. E’ incredibile la trasformazione fisica ottenuta per Dallas Buyer Club, è magro, ma magro, ma magro che appena finite le riprese si sarà tuffato in un piscina di Big Mac. La sua recitazione attraversa lo schermo e convince tanto da far affezionare il pubblico ad un personaggio volgare senza consideralo offensivo.Rod è grezzo, pieno di pregiudizi, volgarmente omofobo e, per certi aspetti, non cambia, ma riesce a modo suo a sensibilizzarsi (se l’avesse espresso in parole avrebbe detto “bè, in fondo i gay non sono poi tanto male”). Certo è che Rod, con la complicità del travestito Rayon, un eccezionale Jared Leto (presente sul red carpet romano), è l’emblema di una battaglia che ciclicamente alcune persone combattono contro le istituzioni sanitarie, accusate di puntare ai guadagni piuttosto che aprire gli occhi sulla medicina sperimentale (il caso Stamina è l’esempio attuale).
C’è anche Jennifer Garner nel cast: interpreta la dottoressa Eve Saks. Più la guardo e più mi chiedo perché continuino a pettinarla come se stesse girano 30 Anni in un Secondo, non ha più 14 anni.
Vallée racconta uno spaccato realmente accaduto della società americana anni 80 e lo fa con una fotografia di colori bruciati, sul giallo. Temevo che la pellicola venisse rovinata dal nascere di coppie impossibili (non parlo di uomini + tori tranquilli) ma Dallas Buyer Club è fatto a regola d’arte. E’ anche un modo per ricordare che l’AIDS non è debellato e si può contrarre anche da un rapporto non protetto, che sia omosessuale o eterosessuale. Già premiato con il Vanity Fair International Award for Cinematic, auguriamo a DBC di vincere il Festival, anche se probabilmente non è abbastanza un pippone per attrarre la giuria.

COSA HO IMPARATO: (ATTENZIONE SPOILER)

– Il Messico ha la soluzione

-Rock Hudson pratica fellatio

-Prima di internet i computer aiutavano ad informare con meno margine d’errore

-Frappuccino al mirtillo è il colore delle feste

-Si può pregare nei night

-Non mettere il cacciavite nella presa

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