Dallas Buyers Club: la recensione di Barbara Monti
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Dallas Buyers Club: la recensione di Barbara Monti

Dallas Buyers Club: la recensione di Barbara Monti

Dallas Buyers Club
Di Jean-Marc Vallée (2013)

È il 1985 e Ron Woodroof è un elettricista texano che ama trascorrere le sue giornate tra rodeo, sesso, alcol e droga. Omofobo e pieno di pregiudizi, rimane profondamente scioccato quando gli viene diagnosticato l’AIDS, malattia all’epoca considerata “appannaggio” esclusivo degli omosessuali. I medici gli danno solo 30 giorni di vita, ma Woodroof decide di lottare. Fonderà il Dallas Buyers Club, insieme a Rayon, un transessuale tossicodipendente anch’esso affetto da AIDS, dove rivenderanno ai malati medicine importate dal Messico non ancora approvate negli USA.
Ispirato a una storia vera, Jean-Marc Vallée realizza un’opera dalla regia essenziale e asciutta, riuscendo a trattare una tematica dolorosa come la malattia, senza mai scadere nel melodrammatico. Craig Borten e Melisa Wallack, autori della sceneggiatura, intervistarono Ron Woodroof un mese prima della sua morte, circa vent’anni fa.
Matthew McConaughey è definitivamente riuscito a scrollarsi di dosso l’etichetta di “attore belloccio di poca sostanza”, regalando un’ulteriore prova attoriale decisamente superba. Dimagrito 23 kg per impersonare Woodroof, scarnificato e sofferente, McConaughey è il vero perno su cui si regge il film. Nonostante la solitudine in cui si ritrova una volta malato, il dolore e la rabbia di una vita che gli scivola tra le mani, riesce a trovare la forza di non arrendersi.
In un momento storico in cui si sapeva ancora pochissimo sull’AIDS e i malati erano degli emarginati destinati a una vita di penoso isolamento, Woodroof si mette in gioco rompendo tutti gli schemi. Fino alla fine combatterà la sua battaglia, per cercare di importare farmaci non ancora approvati dalla FDA (Food and Drug Administration), meno dannosi di quelli utilizzati all’epoca sui pazienti negli USA.
Il suo è un percorso di riappropriazione di un’umanità che aveva perduto: è dopo aver scoperto di essere malato di AIDS che Woodroof gradualmente smette i panni del macho omofobo e sprezzante, in nome di una lotta fatta di compassione e condivisione. Ed è così che vediamo maturare in Woodroof anche un sentimento di sincero affetto nei confronti del suo socio Rayon, un trans interpretato da Jared Leto, capace di trasmettere gentilezza e fragilità semplicemente con uno sguardo, e che inizialmente rappresentava tutto ciò per cui il cowboy texano aveva sempre provato ripugnanza.
Sicuramente avrebbe giovato dare maggiore spazio al personaggio di Leto, andando a scavare più a fondo nel suo passato e fornendone una caratterizzazione più completa. Lo stesso vale per il personaggio della dottoressa amica di Woodroof, interpretata da Jennifer Garner: un ruolo che appare solo accennato, senza mai andare davvero in profondità.
Dallas Buyers Club, candidato a sei premi Oscar, offre una prospettiva originale sul tema dell’HIV, in quanto il punto di vista affrontato è quello di un uomo etero, dalla mentalità chiusa e piena di preconcetti. È interessante assistere alla metamorfosi di Woodroof, che non solo decide di lottare, ma si impegna anche a salvare altre vite, diventando così una sorta di eroe anticonvenzionale che nel dolore ha saputo riscoprire la parte migliore di sé.

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